Elegante come la sua Milano. La “Divina“ della racchetta sempre in giro per il mondo con la voglia di tornare a casa

Lasciò il capoluogo da piccola per seguire il padre in Africa e ci tornò a diciassette anni. Il circolo di tennis all’ombra della Madonnina e la lotta contro il cancro affrontata con Veronesi.

di MATTIA TODISCO -
5 ottobre 2024
Elegante come la sua Milano. La “Divina“ della racchetta sempre in giro per il mondo con la voglia di tornare a casa

Lasciò il capoluogo da piccola per seguire il padre in Africa e ci tornò a diciassette anni. Il circolo di tennis all’ombra della Madonnina e la lotta contro il cancro affrontata con Veronesi.

Ne hanno annunciato l’addio da dove aveva cominciato i suoi giorni, a Milano. Lea Pericoli, 89 anni, ha concluso il suo percorso terreno nella città che le aveva dato i natali e che aveva lasciato giovanissima, per poi tornarci a 17 anni. Una milanesità che sfociava in tante sfumature del personaggio, quale è stata la tennista, commentatrice, giornalista. Tutte pagine di un libro dai colori intensi, per una fetta importante caratterizzate dalla gioventù in Africa, al seguito del padre, tra Addis Abbeba e Nairobi, dove compì i suoi studi. Milanese, dunque, ma cittadina del mondo, come i tennisti imparano a presto ad essere nel momento in cui si varcano i confini per andare a giocare i tornei più prestigiosi. Wimbledon, Roland Garros, Us Open, portando con sé la grazia innata e un modo unico di farne sfoggio, che ne hanno fatto un’icona apprezzata in Italia e non soltanto.

Di milanese aveva anche la tigna. Necessaria per superare anni complicati, il collegio in Africa, le annate da tennista che non sono quelle dorate del giorno d’oggi, almeno per chi tocca le vette conosciute dalla Pericoli. Ventisette titoli italiani, una longeva e produttiva esperienza in doppio oltre che in singolare. Ma per arrivarci, la “Divina“ (soprannome che la unisce a Suzanne Lenglen) ha dovuto superare le resistenze paterne ed è stata ferma due anni per la “colpa“ di aver indossato un completo, il primo di tanti, ritenuto scandaloso per l’epoca. Due anni di inattività, le costarono quei vestitini bianchi, corti, impreziositi da pizzi, svolazzi, da una chioma bionda folta e alta come i pallonetti di cui era maestra. Finché il lavoro vero e proprio, quello che le dava reddito ben al di là del poco remunerativo gioco del tennis, non le consentì di riprendere da dove aveva lasciato, facendo dello sport la vita a tutto tondo, il pane quotidiano. Sempre senza dimenticare il corollario all’azione atletica, l’amore per il truccarsi, per l’apparire gentile, vivace senza essere volgare, del tutto fuori dai canoni.

La Milano città della moda si esplicitava al meglio nella scelta della tennista italiana che si presentava al pubblico con delle mise così diverse dal conformismo dell’epoca, appositamente indossate per dare un tocco di femminilità a quel gesto già di per sé elegante, che Lea Pericoli aveva nel colpire la palla. Divenne una modella in campo, stregò stilisti che ne fecero una “cavia“ (ben felice di esserlo) per le loro creazioni.

Anche quando il lavoro l’ha portata lontana dalla città, è sempre a Milano che ha trovato rifugio. Il suo circolo tennistico, dove ha incontrato le giovani leve che poi hanno rinverdito i fasti della racchetta all’ombra della Madonnina (Francesca Schiavone è una concittadina). Il golf, passione cresciuta dopo aver lasciago l’agonismo. La moda, ovviamente, sebbene avesse della stessa un concetto lontano dal voler essere in linea con la massa. La grandezza della Pericoli è stata quella di crearle, le tendenze. Per questo è stata così apprezzata anche una volta giunta l’ora di appendere la racchetta al chiodo, richiestissima anche come commentatrice e volto tv in esperienze che esulavano dallo sport, tanto da diventare attrice e vincere persino un Telegatto per il programma radiofonico Carta Bianca.

Milano è stata anche la città in cui Lea Pericoli ha dovuto affrontare la malattia. Negli anni Settanta fu colpita da un tumore, scoperto e preso in tempo, combattuto [/19]con la chemioterapia e il supporto di Umberto Veronesi, poi diventato un simbolo per i successi conseguiti nella cura oncologica. Dopo aver concluso con successo una partita dall’importanza vitale, la Pericoli scelse di tornare nel circuito e vinse una volta di più il titolo italiano. E proprio Veronesi, milanese, la scelse per fare da testimonial nella campagna della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori.

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