Sinner, l’inchino al Maestro. Djokovic da urlo: settimo sigillo. Ma Jannik è lanciato verso il trono. La favola può subito proseguire
All’altoatesino in finale non riesce una seconda impresa contro il serbo numero uno che vince 6-3, 6-3. L’azzurro esce però tra gli applausi dopo un torneo da sogno: riparte l’assalto alla vetta del ranking e agli Slam.
Come può una sconfitta somigliare dannatamente a una vittoria? Come può un doppio 6-3 incassato nella notte dei sogni avere un retrogusto che pare addirittura dolce? Mettetela come vi pare ma questa finale delle Atp Finals - dominata da Djokovic tranne un paio di momenti in cui poteva essere e non è stato - ha rappresentato più una celebrazione di due campioni che un epilogo. Nole, piallando prima Alcaraz e poi Sinner ha detto due cose: 1) Ragazzi, ne dovete mangiare ancora di bistecche. 2) Da vorace barracuda della racchetta, ha infilato il 7° trionfo nelle Finals staccando Roger Federer e dimostrando ancora una volta che quando il gioco si fa duro, lui non solo inizia a giocare, ma lo fa divinamente.
Eppoi Jannik. Per lui non si può fare un bilancio disegnandolo attorno al doppio 6-3. Sinner riparte da Torino dopo aver battuto chiunque, Nole compreso. E negli ultimi mesi ha dimostrato che ormai è uno di quelli che giocano un tennis a parte. Gli eletti che gravitano intorno al più grande di sempre, eroe di Serbia e della racchetta. E poi, ci sono sconfitte che aldilà della retorica e delle facili conclusioni, valgono più di una vittoria. Perché è da lì che si parte per costruire la grandezza nello sport. E Sinner ce l’ha bene in testa il concetto di sconfitta che può trasformarsi in oro. E infatti dirà alla fine – davanti a tanti protagonisti della scena sportiva, dal presidente del Coni Giovanni Malagò a un rilassatissimo Antonio Conte e Nicola Pietrangeli –: "Proprio giocando questa partita io e il mio team abbiamo visto che possiamo migliorare tanto e lavoreremo per questo". In sostanza, il Sinner-pensiero: questa finale mi è servita per comprendere che per batterti in una partita pesante, devo fare ancora un passo in avanti. E statene certi, Jannik lo farà.
Di sicuro, poteva indossare meglio questa finale. Nulla da dire sul primno set, con un Djokovic perfetto, siderale. Poi però nel secondo, dopo la partenza razzo del Djoker, Sinner è rientrato e sul 2-3 ha avuto due palle break. Due risposte lunghe e Nole ha chiuso sul 2-4. A quel punto un dato significativo: 18 errori non forzati di Sinner contro i 6 di Djokovic. Il triplo. Il segno più tangibile della maggior abitudine del serbo alla massima pressione di una finale mondiale. Da lì, Sinner ha lottato come un leoncino per 17 minuti e mezzo pur di tenere il servizio e annullare alcune palle break. Sul 3-4 è andato 0-30 servizio Nole, ultimo acuto di un match che da lì si avvierà verso il secondo 6-3, immeritato ma inevitabile. Va detto che se questa era la prova del nove per i principi ereditari al trono, Alcaraz e Sinner, ce n’è ancora da arrampicarsi. In semifinale, Alcaraz ha fatto 5 game. In finale il Rosso uno in più. Ok lo aveva battuto, ma nel girone è tutt’altra storia.
Ci sono state anche cose bruttine. Il pubblico di Torino in stile calcistico ad esempio, ha il suo lato negativo. La continua azione di disturbo a Djokovic, con l’arbitro di sedia costretto a fare un appello al microfono, tipo: "Si prega di non fischiare tra primo e secondo servizio".
Resta però il fatto che Sinner è il nuovo eroe in grado di unire un popolo all’ombra della sua racchetta. Persone molto diverse tra loro, dai più esperti a quelli che non avevano mai visto un match di tennis. Un forziere pieno d’oro, questo, dal punto di vista del movimento per la Fitp e il suo presidente Angelo Binaghi, perchè mentro noi stiamo qui a scrivere, stanno già nascendo dei nuovi, piccoli Sinner. Scommettiamo?
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