"Così non si può vincere». Fonseca e un Milan triste: "Atteggiamento sbagliato»
Il Parma colpisce in contropiede prima con Man, poi nel finale con Cancellieri. Inutile il pari di Pulisic, il tecnico fa autocritica a metà: "Colpa mia e di tutti" .
Pressare alto, difendere meglio. Concetti chiave, imperativi del nuovo Milan. Che, ancora, nuovo non è. Tutt’altro: persevera nel crollare su croniche lacune. Non basta concludere quasi il doppio (17-9) rispetto agli avversari, se non si azzanna e, soprattutto, si finisce puntualmente per farsi travolgere più e più volte, in velocità e in contropiede. "Mi assumo le responsabilità, ma è chiaro che il problema è collettivo: di atteggiamento, di aggressività. E quando difendi così è impossibile vincere", Fonseca dixit. E ancora: "Siamo arrivati sempre tardi con il pressing, abbiamo lasciato troppi spazi. Male anche nelle marcature preventive. Abbiamo cambiato rispetto alla partita con il Torno, ma non è cambiata l’energia e la voglia di difendere di squadra". Tant’è.
Tanto che il piano partita salta dopo una novantina scarsa di secondi: Pecchia fa portare la pressione rossonera invocata da Fonseca tutta a sinistra, dove Pavlovic esce (ma non anticipa Man) e pure Tomori (ma non anticipa Bonny). Così, l’apertura parmigiana piomba su una destra svuotata e deserta. Così, Mihaila-Valeri per Man, sfrecciato via poco prima a un Theo Hernandez troppo, troppo morbido. Parma gioca in pratica a due tocchi e, soprattutto, a doppia velocità: i rossoneri corrono, più che altro rincorrono. Male. Ma il cooling break con conseguente schiarita di voce del tecnico portoghese partorisce un Diavolo (quasi) totalmente diverso. Perché quando il pallino è tra i piedi rossoneri, la musica cambia. Ma Okafor spreca sotto porta la sgasata di Leao, Pavlovic sale in cielo e Suzuki fa lo stesso, mentre nessuno piomba poi sul tiro-cross (sontuoso) di Reijnders.
La medaglia, però, presenta in tutta evidenza la proverbiale doppia faccia. Perché se il Milan si alza in massa, finisce gioco forza per scoprirsi pericolosissimamente. E fatalmente. Si riprende infatti con il copia e incolla, vedansi la traversa di Reijnders da un lato, le ripartenze che della casa dall’altro, che difettano solo di killer instinct. Poi la premiata ditta Leao-Theo Hernandez mette fine al (prolungatissimo) rodaggio: il portoghese strappa, il francese affonda e restituisce, Pulisic capisce l’antifona e si presenta puntualissimo a raccogliere il tocco del numero dieci. Pura illusione. Come i 16 cross che saranno messi a referto (solo 5 a destinazione). Come i “patatrac“ di Okafor sul più bello e qualche fiammata di Leao. La fiammata che vale il match la firma Almqvist: ancora con un contropiede. Rossoneri sbilanciati, ancora in una corsia che si scopre improvvisamente svuotata. Cancellieri ringrazia. Il Milan resta ancora piantato sui pedali.
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