Giulia Baroncini, l’impresa della ciclista giramondo: "Io, come Masetti, oltre ogni limite"

La 33enne ha lasciato il lavoro in hotel e percorso 7.500 chilometri: "Sempre con me il libro del mio mentore"

di PAOLO GRILLI -
2 giugno 2024
Giulia Baroncini, 33 anni, ciclista, globetrotter ed esperta di viaggi

Giulia Baroncini, 33 anni, ciclista, globetrotter ed esperta di viaggi

L’illuminazione era arrivata, in un periodo non proprio scintillante della sua vita, vedendo su uno scaffale il libro sul suo conterraneo Luigi Masetti, ’L’anarchico delle due ruote’, di Luigi Rossi. Giulia Baroncini, poliglotta, sportiva, non aspettava altro. E mollato il lavoro in hotel a Venezia ha intrapreso da Trecenta (Rovigo), il suo ‘Viaggissimo’ in bici, conclusosi alcuni mesi fa a Chicago dopo 7.500 chilometri. Un’avventura come raramente se ne vivono oggi, al tempo dei social e delle distanze azzerate. Una collezione consapevole e infinita di fatica e di emozioni, scoprendo il valore di una sorprendente amicizia planetaria.

Che cosa l’ha affascinata di Masetti? Perché ne ha letteralmente ripercorso le tracce?

"Ho trovato subito sintonia, anche se 130 anni dopo, con il suo modo di intendere e di vivere la bici. Che per me è massima liberta: vai dove vuoi e con chi vuoi. Leggendo delle sue imprese ovviamente senza gps, per noi fondamentale, ma anche senza mappe, mi sono detta che sarebbe stato un viaggio possibile. Oggi noi disponiamo di tutto e ugualmente ci facciamo mille problemi...".

Il suo tragitto ha subito toccato il Bam di Mantova, il più grande raduno europeo dei viaggiatori.

"Sì, ho voluto fare tappa lì dopo la partenza a Trecenta, in omaggio a Masetti. Uno che pensava e viveva nel futuro. Come ho potuto percorrere 7.500 chilometri in cinque mesi, prima raggiungendo Londra poi andando dalla costa Est degli Stati Uniti fino a Chicago? Forse perché ho sempre pensato che la meta fosse dietro l’angolo. Anche se poi non sono mancati alcuni momenti di panico, dovuti magari agli imprevisti".

Ha avuto un passato agonistico prima dell’impresa?

"Ho sempre fatto sport, ma in bici ho iniziato ad andare nel 2017 grazie a un ex collega di lavoro. Si andava nei weekend, o magari si faceva una settimana itinerante. Il mio record di percorrenza era di 1.500 chilometri".

In America però ha esplorato nuovi limiti.

"Il segreto, se così si può dire, è stato quello di adattare il percorso quotidiano alle mie capacità. Di base, ho provato a percorrere 80 chilometri di media al giorno. Meno, in caso di dislivello. E ogni cinque giorni mi fermavo in una città, per riprendere fiato ed entrare ancora più in contatto con chi mi circondava. Con me tenevo sempre il libro di Masetti, come una guida. Impressionante le analogie tra la sua esperienza e la mia, anche in termini di contatti umani sul percorso. Il mio è stato anche un viaggio nel tempo".

Non si è mai imbattuta in situazioni rischiose?

"Soprattutto negli Stati Uniti ho attraversato zone e quartieri non bellissimi, ma cercavo di documentarmi in anticipo. E molti input giungevano da persone del posto. C’è stata qualche foratura, cavi che si sono rotti. Dormivo principalmente in tenda, oppure mi ospitavano persone conosciute su piattaforme online dedicate a chi viaggiava come me. Si diffondeva la notizia della mia ’missione’, ricevevo offerte di ospitalità anche in maniera inaspettata. Ho passato poche notti in hotel, solo in casi di emergenza. Non ti permettono di entrare del tutto in contatto con la realtà circorstante. Questo viaggio si è realizzato grazie alle persone".

Il ciclista è ben accetto in giro per il mondo?

"Mi spiace ammetterlo, ma il paese più pericoloso per chi si muove sulle due ruote è l’Italia. Non viene rispettata la distanza di sicurezza dai ciclisti. Perfino negli Stati Uniti, dove l’auto è essenziale per gli spostamenti, cè una sensibilità diversa. È stato stupefacente scoprire quanto sia estesa nel nostro continente la rete Eurovelox. E ricalca in buona parte proprio il percorso che fece Masetti. L’Italia è il Paese più bello, ma non lo consiglierei a un ciclista straniero. Che choc, quando sono rientrata a Ventimiglia verso casa".

Queste esplorazioni senza confini non sono per tutti, però.

"Non ho il desiderio di essere un esempio, ma di essere promotrice dell’uso della bici, assolutamente sì. Ci permette di trovare quello che va bene per noi, di uscire dalla porta di casa. A me ha consentito di trasformare una crisi in benzina per una nuova fase di vita. Ho trentaquattro anni, ma me ne sento venti".

Cosa vede ora Giulia all’orizzonte, in sella alla propria bici?

"Sicuramente altri viaggi. Esplorare era sempre stato il mio desiderio, farne il proprio lavoro è il massimo. Una volta mi scambiavano per matta, ora la bici è il mio stile di vita. Mi sento parte di una comunità e non mi sento mai sola".

Continua a leggere tutte le notizie di sport su