La prima in panchina da ct. Cincinnato Spalletti. Luciano prova a ridarci vittoria e credibilità
In Macedonia subito la partita più difficile dopo il clamoroso flop di Palermo
Roma, 09 settembre 2023 – Forse se la immaginava così, la prima nel mondo azzurro. Emozioni a fiumi, un probabilissimo e colorito - alla toscana of course - imprecare per il ko di Chiesa e Pellegrini. E poi le scelte, di quelle che non le puoi mica sbagliare all’esordio in Nazionale, perchè dai, diciamoci la verità, prima e dopo l’exploit di Wembley tanti incubi - troppi - altrettante cadute nell’abisso e qualche sogno spezzato, come la finale di Prandelli nel 2012, una lezione di calcio subita dalla Spagna troppo forte per chiunque.
Sul fatto che Spalletti abbia avuto un gran coraggio abbiamo detto e scritto. Avrebbe potuto starsene bello tranquillo tra divano e l’amata terra ad aspettare un clubbone europeo colpito da improvvisa zoppia.
E invece eccolo lì a raccontarci come "un po’ di emozione ci sarà quandò partirà l’inno", perché a 64 anni e dopo aver girato squadre e squadroni, col pallone ci si può ancora emozionare. Certo siamo distanti mondi dal Mancio a Big Luciano. I silenzi alla Celentano di Mancini, pieni di tormenti e dubbi e la favella scioltissima alla Pieraccioni di Spalletti, uno al quale parlare di calcio piace da morire.
E allora ci dice che non è vero che siamo alle corde, che il nostro pallone è in ginocchio e non c’è niente da fare perché in fondo il calcio è lo specchio del Paese. Dice, Luciano: "Abbiamo una nazionale forte e tutto quello che ci vuole per fare un buon calcio. Bisogna essere organizzati. Dentro questa corretta organizzazione c’è il fatto di lasciare spazio all’estro e alla fantasia del calciatore, perché non va mai ingabbiata l’immaginazione del calciatore ma è fondamentale che tutto questo vada a braccetto con questa organizzazione". Tradotto: se ho vinto a mani a basse a Napoli mettendo organizzazione e talento al servizio dell’obiettivo a prescindere da cessioni big e tagli di budget, posso farlo anche qui. Certo, Immobile non è Osimhen e Politano e Zaccagni Kvara se lo sognano, però già il laziale, ora capitano, sembra un altro rispetto al mai decollato rapporto con Mancini.
Ecco, sì, ci vuole entusiasmo e voglia per metterla in discesa con la Macedonia. Dice Luciano che "sopra ogni altra cosa c’è un comportamento da tenere per tutta la partita che non ci faccia mai sentire vittime". Importante è non pensare che dopo Berlino 2006 è partita la maledizione, due volte fuori al primo turno (Lippi, Prandelli) e due mondiali floppati in modo tremendo (Ventura, Mancini). Abbiamo fatto finta che uscire ai quarti dell’Europeo 2016 con Conte sia stato un trionfo (ma dai...), imprecato per la finale di Prandelli e toccato il cielo con un dito a Wembley. In fondo l’Europeo è un po’ casa nostra, a vederla alla Spalletti e cioè col bicchiere mezzo pieno. Sì ma chi lo riempie questo bicchiere? Là dietro si parte con Mancini e Bastoni, Dimarco è favorito su Spinazzola, con Di Lorenzo a destra. Centrocampo con Cristante-Tonali-Barella e là davanti Zaccagni e Politano attorno a Ciro. E bisogna vincere perchè se, come dice Spalletti "vogliamo far innamorare gli italiani", l’unico modo è questo.
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