La vittoria della Ferrari a Le Mans? Un modello da imitare per la Formula Uno
Questo successo è la testimonianza sana di quel sentimento che ci ostiniamo a chiamare italianità
Questa impresa Ferrari a Le Mans vale tantissimo, davvero. Il trionfo della 499 nella maratona automobilistica più famosa sulla faccia della terra acquista un significato che è testimonianza sana di quel sentimento che ci ostiniamo a chiamare italianità.
La 24 Ore di Le Mans compiva cento anni. A questa competizione il Cavallino deve l’avvio della sua leggenda, con Chinetti nel 1949 cominciò la suggestione del mito: un piccolo costruttore con una piccola fabbrica in provincia modenese, a Maranello, sfidava e batteva i colossi industriali. E il Drake continuò a farlo, a Le Mans, fino al 1965: collezionando successi, incassando delusioni, smaltendo amarezze.
La leggenda di Enzo Ferrari è nata così, con le macchine “a ruote coperte”. Anche cronologicamente, il mondiale di F1 è venuto dopo.
E a proposito di Gran Premi, i miei quattro lettori sanno quanto io sia critico nei confronti di Jean Elkann. Non mi piace la carenza di entusiasmo che il nipote dell’Avvocato manifesta nei confronti della sfida da portare a Red Bull, Mercedes, Aston Martin eccetera.
Però sono lieto di riconoscere al presidente delle Rosse di aver visto giusto, quando ha deciso di riportare la Ferrari nella categoria top della 24 Ore di Le Mans. È stata, quella di Elkann, una scelta in apparenza temeraria: il Vecchio si era ritirato da questo tipo di corse mezzo secolo fa, nel 1973, proprio per concentrarsi esclusivamente sulla Formula Uno.
Inoltre, nella categoria delle Hypercar la Toyota era dominante e massicci si annunciavano gli investimenti di Porsche, Peugeot, Cadillac. Il rischio di una brutta figura, peraltro in linea con gli imbarazzi da Gran Premio, era dietro l’angolo…
No, invece. Qui è saltato fuori quel sentimento, l’italianità, che ho evocato all’inizio. Antonello Coletta, il capo del programma, ha messo insieme le energie migliori. Ha valorizzato silenziosamente anche le collaborazioni esterne, ad esempio quella con il geniale ingegner Dallara. I piloti (Guidi, Calado, il mio amico Giovinazzi) della vettura che ha riscritto hanno capito che anche i regolamenti tecnici, troppo astrusi per essere spiegati qui, offrivano una opportunità. E l’hanno sfruttata, al culmine di un giorno e di una notte intrisi di emozioni.
La Ferrari non vinceva a Le Mans dal remoto 1965. In F1 non conquista il titolo piloti dal 2007 e il Mondiale costruttori dal 2008. Sarebbe bello se John Elkann allargasse i suoi orizzonti.
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