"L’Italia non abbia paura dei grandi eventi. Ma devono lasciare un’eredità al Paese"
Il manager Roberto Ghiretti: "I casi di organizzazione virtuosa ci sono, quello che fa la differenza è la capacità di incidere sul futuro"
"L’Italia come Paese non deve aver paura di proporsi come sede per i grandi eventi dello sport mondiale. Ma a un patto: che sappia trasformarli in eventi grandi.."
Roberto Ghiretti (nella foto in alto), parmigiano 68enne, è uno dei migliori manager d’Italia. Ha inventato dal nulla Volleyland, ha cercato di portare da noi la Coppa del Mondo di rugby, ha gestito i mondiali di hockey su ghiaccio e gli europei di ginnastica, eccetera eccetera.
"È una buona notizia che la FIGC insieme alla Turchia abbia ottenuto di ospitare l’Europeo del 2032 – spiega –. Ma queste iniziative hanno un senso solo se lasciano una eredità".
Tradotto?
"Lo sport ha una enorme valenza sociale. L’Italia non è il Qatar o l’Arabia Saudita, non ha bisogno di darsi un’immagine nuova attraverso partite o Gran Premi".
Per fortuna.
"Da noi gli eventi vanno vissuti come un investimento in prospettiva. Conta ciò che resta sul territorio, dopo. In termini di infrastrutture, impiantistica, promozione della pratica agonistica, sviluppo del turismo di destinazione, sostenibilità. E potrei continuare con l’elenco…"
C’è però chi teme sempre l’effetto carrozzone, gli sprechi di denaro pubblico e bla bla bla.
"Sono perplessità legittime soprattutto se mancano visione e motivazione. Per semplificare, direi che un successo organizzativo non dipende dai like e dai click sul web. Ma appunto da ciò che rimane alla comunità che ospita la manifestazione".
Esempi virtuosi?
"L’Olimpiade invernale del 2006 ha cambiato Torino, rendendola città pienamente europea, molto per merito del CONI di allora. Il top dei modelli è Barcellona, che grazie ai Giochi del 1992 ha conquistato una popolarità mai più perduta. E posso aggiungere una cosa?"
Anche due.
"L’Emilia Romagna come Regione ha scelto lo sport come suo biglietto da visita: dati alla mano, funziona benissimo, come dimostrano dati certificati e non taroccati da strani algoritmi. Idem Varese, che ha trasformato la sua posizione geografica in un polo d’attrazione per chi ama lo sport".
Fra meno di tre anni avremo un’altra Olimpiade italiana, tra Milano e Cortina. Che cosa ci dobbiamo aspettare?
"Spero prevalgano visione e motivazione. I prossimi sei mesi saranno decisivi. Se posso tornare alla distinzione che facevo all’inizio, il grande evento ha senso se diventa un evento grande. Lo sport è un potente fattore di integrazione, di inclusione: basta pensare come il fenomeno della Paralimpiadi abbia contribuito a modificare in meglio la percezione collettiva della disabilità. È questo che conta, infinitamente più di una bella cerimonia inaugurale o di una finale spettacolare…"
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