Metodo Trillini, e adesso l’Italia fa paura
Gli azzurri della pallamano dopo aver conquistato i mondiali hanno battuto la Serbia: "In Spagna studiano i nostri successi"
Riccardo Trillini, direttore tecnico delle nazionali azzurre maschili, ricorda che una volta in Spagna ci prendevano in giro chiedendo se in Italia si giocasse a pallamano. Al settimo anno con il d.t. marchigiano, gli azzurri hanno conquistato la qualificazione ai Mondiali dopo 27 anni di assenza: allora il tecnico era uno straniero, il croato Cervar.
Trillini, adesso invece?
"Il 25 di questo mese in Spagna si terrà un convegno-on line, su come l’Italia della pallamano è riuscita a crescere. In Europa tutti parlano della nostra emersione tra i paesi più importanti del continente".
I motivi di questa crescita?
"Dal 2017 la Federazione mi ha affidato la responsabilità di tutte le nazionali, dalle giovanili alla maggiore: le ho seguite tutte io, in ogni competizione, facendo praticare un comune tipo di gioco, inculcando una medesima mentalità e la stessa filosofia difensiva nel contesto d’un sistema che esalta le qualità. Quindi la maggior parte dei giovani è maturata, grazie a una reciproca conoscenza si è integrata con graduale rapidità nella Nazionale con alcuni senatori, e i risultati sono arrivati".
Ultimamente l’Italia ha fatto registrare due soddisfacenti prestazioni.
"Nelle partite iniziali per la qualificazione agli Europei del gennaio 2026, la Spagna ci ha battuto 31-30, poi abbiamo vinto 31-30 contro la Serbia. In Spagna, la pallamano viene subito dopo il calcio così come in Francia e Svezia. In Danimarca invece è il primo sport mentre la Serbia ha una tradizione confermata dal valore dei propri giocatori. Sui nostri c’era un certo pregiudizio, all’estero preferiscono ancora un serbo a un italiano".
Si può parlare di metodo Trillini?
"Penso di sì: ho portato un metodo che negli anni, su un percorso lungo, dà sicuramente risultati. Forse la mia specialità è far crescere i giocatori che vogliono affermarsi con l’esempio e i fatti, non con le chiacchiere".
Impegno non facile, tenendo anche conto delle difficoltà a livello federale.
"Difficoltà economiche: la Figh, per tutte le squadre nazionali ha un budget non sufficiente per attività di preminenza. È la metà di quello federale delle isole Far Oer eppure, nelle ultime sei edizioni degli Europei, con tutte le nazionali giovanili siamo riusciti ad arrivare alle finali".
C’è una sintonìa tra la crescita della nazionale e del massimo campionato italiano?
"No, perché dipende dai mezzi: le squadre delle serie maggiori non hanno grandi sponsor. Invece la Figh, in base alle disponibilità, ha destinato gli investimenti alle nazionali che possono essere trainanti. E i successi azzurri stanno divenendo stimolanti per la base".
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