Dolcetto o... scudetto?. Pioli e Inzaghi “condannati“ a vincere. Criticati o esaltati, non c’è via di mezzo

Dopo dieci giornate di un incerto campionato ci sono tre punti a separarli in una classifica molto provvisoria. Per il milanista (fra infortuni e mal di pancia dei “big“) è un momento difficile, l’interista ha più responsabilità.

di GIULIO MOLA -
1 novembre 2023
Pioli e Inzaghi “condannati“ a vincere. Criticati o esaltati, non c’è via di mezzo
Pioli e Inzaghi “condannati“ a vincere. Criticati o esaltati, non c’è via di mezzo

Dopo dieci giornate di campionato sono rigorosamente in fila indiana: davanti c’è l’Inter di Simone Inzaghi, poi la “sorpresa“ Juventus con Max Allegri, quindi il Milan di Stefano Pioli. In un campionato equilibrato (nonostante l’accenno di fuga dei nerazzurri qualche settimana fa) l’ordine sembra provvisorio. Perché basta anche una giornata storta di una o dell’altra squadra per capovolgere la classifica. Ma che le milanesi, almeno sulla carta, siano le candidate principali per il titolo è già stato scritto nei pronostici estivi.

Mille e più motivazioni ha Simone Inzaghi, che a differenza del collega rossonero lo scudetto mai lo ha vinto. E forse anche per questo, alla faccia della scaramanzia, non si nasconde. L’obiettivo seconda stella è stato giustamente sbandierato (per prima lo ha fatto la società nerazzurra) anche dal tecnico piacentino, cui manca la ciliegina sulla torta ad impreziosire la carriera sin qui brillante e ricca di risultati. Fra Lazio e Inter, da allenatore, Inzaghino ha ottenuto una finale Champions, 3 Coppe Italia, 4 Supercoppe italiane, un secondo, un terzo posto e il primo attualmente detenuto. Sulla panchina dei nerazzurri, di fatto, ha completato la maturazione professionale. Sempre pronto a rialzarsi anche dopo fragorose cadute. È pragmatico Simone, impermeabile anche al “fuoco amico“ (nella scorsa stagione diffusa era la sensazione di un possibile esonero, ritenendo eccessivi i 12 ko in campionato), è andato diritto per la sua strada imparando dai propri errori. Oggi è consapevole della forza del suo gruppo, per qualità e non solo superiore alle rivali. Ed è stato bravo a superare senza traumi il tormentone Lukaku, perché "se n’è fatto una ragione". Che ha un nome e cognome: Marcus Thuram. Parlano i numeri per Inzaghi: da quando è sulla panchina dell’Inter ha ottenuto 79 vittorie, 20 pareggi, 23 sconfitte. In questa stagione ha il miglior attacco (25 gol) e la miglior difesa (5 reti subìte), 7 punti in più rispetto al ’22-’23.

Oggi primo novembre sta decisamente peggio Pioli, come se i quattro anni in cui ha ritrovato il dna rossonero e restituito successi e gloria al Milan fossero trascorsi invano. Un solo punto nelle ultime tre partite, il gioco brillante quasi dimenticato, i troppi mal di pancia nello spogliatoio da parte dei senatori che alzano la voce un giorno sì e l’altro pure. Possibile che il giocattolo si sia rotto all’improvviso? L’allenatore qualcosa l’avrà sbagliata col suo integralismo tattico ma non gli si può certo rimproverare la mancanza di coraggio. E poi ci sono le attenuanti: dagli infortuni a catena alla latitanza di Leao che non segna da 9 turni. E poi il lungo digiuno di Giroud (8 gare) e interrottosi solo a Napoli. Ma c’è ancora tempo per recuperare i tre punti di distacco dai cugini ( uno solo meno di un anno fa). Il passato ce lo insegna.

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