Leonardo, passione infinita: "Ragazzi, giocate liberi. Milan vuoto senza Maldini"

L’ex giocatore e tecnico grande ospite della Parrocchia Cristo Re a Milano "Tanta pressione, giovani da aspettare. Questa fase dei rossoneri passerà".

di GIULIO MOLA
25 marzo 2025
Leonardo, 55 anni. Ha giocato nel Milan e allenato il Diavolo e l’Inter. Nel riquadro, sul palco del teatro al Cristo Re di Milano

Leonardo, 55 anni. Ha giocato nel Milan e allenato il Diavolo e l’Inter. Nel riquadro, sul palco del teatro al Cristo Re di Milano

Il calcio di oggi e quello di ieri, rivolgendo lo sguardo verso il futuro. Una serata fra ricordi, aneddoti e retroscena, con decine di giovanissimi atleti, i loro papà e gli allenatori ad ascoltare in rispettoso silenzio Leonardo Nascimento de Araujo (per tutti Leonardo), campione brasiliano che non tutti hanno visto giocare ma di cui in tanti conoscevano il prestigioso curriculum. Quella vissuta dai ragazzi del G.S. Villa presso il teatro della Parrocchia Cristo Re di Milano è stata un’esperienza unica insieme ad una delle icone del calcio moderno, accompagnato dalla moglie Anna Billò, già prestigioso volto di Sky. Un incontro “formativo“ in cui Leonardo ha aperto lo scrigno dei segreti di una carriera importante, da giocatore prima e da allenatore-dirigente poi. Parlando della sua infanzia di ragazzo proveniente da famiglia povera e della sua prima maglia, dei suoi due mondiali e dell’esperienza sulle due sponde del calcio meneghino, fino alla laurea “honoris causa“ del 2009. Con la sincerità di chi è in questo ambiente da anni, Leonardo ha voluto dispensare pillole di saggezza a chi coltiva un sogno bellissimo e ai genitori che accompagnano i propri figli nel percorso di crescita sportiva. Incoraggiandoli, senza creare false illusioni.

Leonardo, cosa si sente di suggerire a piccoli e grandi?

"Lo dico da papà a papà, non è facile dare consigli giusti per far crescere bene un giovanissimo calciatore del 2012 o del 2014, perché ogni bambino è fatto in un determinato modo. C’è chi ha bisogno di una spinta o un incoraggiamento in più, altri invece di una affettuosa “sgridata“, ma di base l’obiettivo di tutti è giocare. La strada da percorrere è lunga ed è una cosa naturale, noi adulti non possiamo costringere il bambino e mettergli ansia se non ha voglia. Anche perché, vi assicuro, oggi chi ha talento non passa inosservato, gli “scout“ sono dappertutto. Di più: loro non guardano solo chi fa gol, ma osservano le potenzialità generali dei ragazzi".

E invece tanti genitori pretendono un figlio fenomeno...

"Un bambino non potrà mai essere costante, quindi evitiamo di mettergli pressione. La verità è che prima, anche in strada, giocavamo 8 ore al giorno mentre adesso si gioca meno".

Ecco, la parola “pressione“ è quella da mettersi bene in testa. Esiste a tutti i livelli.

"Per esempio, giocare a San Siro ti crea ansia, è una sollecitazione non facile da reggere. Ma da allenatore o dirigente tocca a me capire come il calciatore possa liberarsene. E comunque la pressione non c’è solo a San Siro ma da tutte le parti. Ci sono addirittura giocatori che preferiscono partire dalla panchina per essere più tranquilli".

C’è un rimedio per allontanare l’ansia da prestazione?

"Spronarli e farli giocare. In certe situazioni si deve credere e insistere, un calciatore che ha qualità per imporsi va sempre aspettato".

Lei, in panchina, ha mai avuto momenti di difficoltà per farsi capire dai suoi giocatori?

"Si, certe situazioni le ho vissute, anche se l’allenatore l’ho fatto poco. Ho cominciato col Milan in un momento particolare: Kakà era stato venduto, Maldini aveva smesso. Insomma, parecchie novità. Iniziai l’annata senza vincere per 5-6 partite. Tutti mi invitavano a non condividere con i calciatori scelte o sistemi di gioco e io invece andavo in palestra e dicevo... “giochiamo in modo spericolato e rischiamo“. In realtà i difensori non volevano (sorride, ndr) ma col tempo digerirono l’idea. Vero, fu un azzardo, ma in tanti dicevano che il “4-2-fantasia“ era bello e divertente. Tutto cominciò nella terza partita di Champions a Madrid, avevamo schierato una squadra molto sbilanciata in avanti e vincemmo 3-2. Mai successo al Bernabeu...".

E’ anche vero che quello del 2009-2010 era comunque un Milan con Nesta, Pirlo, Ambrosini, Inzaghi e Ronaldinho. Oggi, soprattutto i bambini, vanno a San Siro e non hanno bandiere o icone, l’idolo è quello che decide partita. Servirebbe un po’ di milanismo in più dentro e fuori lo spogliatoio...

"Ma c’era, si chiamava Paolo Maldini e da dirigente ha vinto uno scudetto ed è arrivato in semifinale di Champions. Poi è stato mandato via, e con lui un grande pezzo di passione. Oggi se ne sono accorti tutti, il Milan è vuoto, senz’anima. Ma sono cicli, passerà. Anche perché credo che in società abbiano capito di aver sbagliato".

Riavvolgiamo ancora il nastro della memoria. Ci racconti di quando lei, giovane calciatore, era “folgorato“ dai suoi punti di riferimento...

"Ho avuto la fortuna di giocare col Flamengo che ha vinto tutto e ho esordito in quella squadra. Zico era il simbolo, il campione a cui mi sono ispirato. Perché Zico aveva umiltà e tutti lo ammiravano. Resta un grande esempio, persona straordinaria".

Anche lei in Brasile e col Brasile si è tolto belle soddisfazioni...

"Ho giocato col San Paolo, affrontando pure il Milan. In panchina c’era un mito come Telê Santana, e poi cento partite vinte di fila. In quella squadra avevamo solo belle certezze".

Dal sapore agrodolce, invece, i due Mondiali coi verdeoro...

"Nel 1994 feci l’esordio con la Russia ma fui espulso ai quarti di finale e nessuno si aspettava che vincessimo. Il ritorno in patria sembrava un carnevale senza fine. Nel 1998 in Francia arrivammo in finale dopo che Ronaldo era stato male all’ora di pranzo. E perdemmo 3-0".

Apriamo una parentesi sul miracolo italiano del 2006 in Germania, visto che oggi sembra un lontanissimo ricordo...

"Gli azzurri vinsero quel Mondiale con i gol di tutti i giocatori. Svilupparono più di tutti l’organizzazione del gioco e poi avevano talento e fantasia. Oggi se fai un tunnel vieni rimproverato..."

L’ultimo consiglio ad un giovanotto che sogna di ripercorrere almeno una minima parte del suo percorso...

"Io posso augurare davvero a tutti di riuscire a giocare a calcio, ma al tempo stesso dico ai ragazzi: non dimenticate che serve anche la scuola. Quindi datevi una mossa!".

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