Italvolley, Velasco e il sogno olimpico: “Non è un tarlo, ma puntiamo alla medaglia”

Il ct della nazionale femminile sta completando la preparazione: «Lunedì dovrò scegliere chi lasciare a casa, sarà un brutto momento. Ho un grande gruppo»

di DORIANO RABOTTI -
4 luglio 2024
Julio Velasco in un time-out   (Italia pallavolo femminile)

Julio Velasco in un time-out (Italia pallavolo femminile)

Julio Velasco, la sensazione è che si stia divertendo molto con l’Italvolley femminile.

«È vero, mi sto proprio divertendo. Sono tornato a fare quello che desideravo, allenare una squadra femminile, era una cosa che era rimasta in sospeso».

Dica la verità: l’Olimpiade per lei è un tarlo, un’incompiuta con cui ha un conto aperto.

«No, anche se me lo chiedete spesso. Un allenatore in fin dei conti è la sua squadra, non contano le esigenze individuali. Il nostro obiettivo, non il mio personale, è quello di arrivare a una medaglia a Parigi. Se sarà quella di bronzo la accetteremo perché ce la saremo meritata e comunque non è poco».

Tra le tante che ha avuto, questa che nazionale è?

«Una nazionale che ha tanta voglia di affermarsi, che ha grandi motivazioni. Devo dire che ho un gruppo veramente valido».

Ha anche costruito un dream team in panchina, con Barbolini e Bernardi.

«Avrei voluto anche Gaspari, non è stato possibile purtroppo. L’Argentina e gli Stati Uniti del basket avevano grandi allenatori al fianco del ct, mi sono ispirato a loro. Massimo si occupa del muro, ogni volta che una centrale scende per far posto al libero lui le spiega tutto subito. Lorenzo si occupa delle direzioni d’attacco e studia il modo in cui gli avversari studiano noi. Sono ovviamente tecnici preparatissimi e li conosco bene, non c’è mai stato un problema di sovrapposizione. Anche perché il rischio sarebbe quello di dare troppe informazioni creando confusione. Le istruzioni in partita devono essere poche, chiare e mirate».

A 72 anni per che cosa ci si sorprende?

«Più che sorprendermi, mi fa piacere che la squadra stia andando nella direzione che ho chiesto. Alle ragazze ho detto che le volevo autonome e autorevoli, e lo stanno facendo. Possiamo preparare alcune cose, ma ogni azione è nuova e devono avere la capacità di adattarsi».

Venerdì 5 luglio si chiude l’ultima settimana di allenamenti, a Cervia li avete mescolati a una vacanza.

«Ci siamo allenati come se fossimo in collegiale, ma fuori dalla palestra le ragazze erano libere, senza obblighi di mangiare insieme, non siamo stati neanche nello stesso albergo. Sul piano fisico e tecnico si lavora, ma mentalmente era giusto dare uno stacco. Non è la prima volta che lo faccio».

Quando scioglierà l’ultimo dubbio tra una centrale e una schiacciatrice?

«Lunedì dovrò dare la lista. Sarà un brutto momento, perché tutte hanno dato il massimo. Sarebbe più facile lasciare a casa qualcuno che non si impegna, ma non è questo il caso».

Da cittadino del pianeta: questa è la sua nazionale che ha più ’mondi’?

«Sì, è vero, ci sono figlie di emigranti, ma in realtà non ne parliamo troppo. Anche se conosco benissimo la situazione, essendoci passato in prima persona».

Nel caso di Paola Egonu c’è anche la bolla della gigantesca popolarità da gestire, che complica un po’ le cose.

«È un problema che hanno i personaggi di quel livello, come Sinner, come Jacobs, come Messi. Prima di vincere il mondiale a Leo in Argentina ne dicevano di tutti i colori. Ma nel caso di Paola a me interessava di più lavorare su una crescita tecnica, c’erano cose da sistemare».

Il gruppo sembra aver ritrovato l’armonia.

«Ho fatto una scelta, durante la Nations League. Ogni volta abbiamo cambiato gli abbinamenti nelle camere, in modo che ognuna di loro si dovesse adattare, e se c’erano dei problemi, sarebbero venuti fuori».

Sono venuti fuori?

«Io non ho chiesto, ma so che un paio di giocatrici quando si sono ritrovate a dover condividere la stanza si sono chiarite. A Parigi potranno scegliere le compagne».

Ci sono davvero differenze importanti tra uno uomini e donne?

«Gli uomini tendono a pensare meno all’errore precedente, le donne se lo portano dietro di più. Una cosa che mi dà fastidio è vedere tutte quelle mani alzate per accusarsi di un errore. Che c’è stato, ma fare così significa portarselo dietro all’inizio dell’azione successiva. E allora alle ragazze ho detto che quando fanno un errore grossolano, è una fake news».

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