Stuprò una minorenne, ora gioca alle Olimpiadi: fischi per Van de Velde
Il giocatore olandese di beach volley ha scontato un anno per violenza su una dodicenne. Ha perso la prima gara contro gli azzurri Ranghieri e Carambula, è stato fischiato all’ingresso ed è uscito scortato: la sua nazionale lo difende, ma crescono le proteste
La sua storia personale era nota e infatti l’imbarazzo era già pronto in anticipo, pronto a divampare alla prima palla giocata. Come è successo puntualmente, con i fischi del pubblico durante la partita proprio contro una coppia italiana. La storia del giocatore di beach volley olandese Steven Van de Velde era nota, soprattutto per la parte che non riguarda il suo rendimento sportivo, ma la sua fedina penale: si sapeva che era stato condannato per stupro su una minore, che si sarebbe dovuto fare quattro anni di prigione dopo aver confessato il reato ai danni di una dodicenne britannica. Poi ha scontato solo 12 mesi, però, è tornato a giocare e ora, a 29 anni, è sulla sabbia del campo allestito sotto la Tour Eiffel a cercare gloria olimpica.
Quando è entrato in campo c’è stato anche qualche applauso, ma soprattutto molti fischi. Gli avversari erano azzurri: Van de Velde e Matthew Immers hanno perso sulla sabbia la partita contro Alex Ranghieri e Adrian Carambula per 2-1. Nessuna intervista a fine gara per Van de Velde, per sua espressa richiesta: ha anche ottenuto di non alloggiare al Villaggio Olimpico con gli altri atleti. Dal campo è uscito con tre uomini a scortarlo.
Van de Velde confessò di aver violentato la ragazzina, conosciuta su Facebook, dopo aver viaggiato da Amsterdam a Milton Keynes, in Inghilterra. Era il 2014.
Il Comitato Olimpico Olandese ha deciso di mandarlo ai Giochi perché la sua riabilitazione è avvenuta con successo, a detta dei dirigenti orange, e si merita il posto nelle gare.
A molti però il suo approdo a Parigi non è andato giù. L’associazione britannica Rape Crisis England & Wales ha definito la sua presenza ai Giochi come "scioccante", il Cio ha confermato la presenza anche se le parole del portavoce Mark Adams tradiscono l’imbarazzo: "Descriverci come persone a loro agio e felici non sarebbe corretto. Abbiamo chiarito che abbiamo avuto una lunga conversazione con il Comitato Olimpico Nazionale Olandese. È un crimine che è avvenuto 10 anni fa. Si sta svolgendo un gran lavoro di riabilitazione. Ci sono anche delle misure di sicurezza molto forti. Credo che l'atleta in questione non rimarrà nemmeno nel villaggio. Pensiamo che il Comitato olimpico nazionale olandese abbia spiegato la sua decisione".
Lo ha fatto di nuovo ieri per bocca del portavoce della delegazione, John van Vliet: «Van de Velde si è meritato sul campo la qualificazione. Ci sono stati prima di oggi un centinaio di tornei di beach volley e la questione non è stata mai posta. Abbiamo una persona che è stata condannata, ha scontato la pena e dopo ha fatto tutto quello che doveva fare per tornare a gareggiare". Il compagno di squadra Immers lo difende allo stesso modo, e poi va oltre: "E' stato punito per quello che ha fatto, quello che è successo non è bello ma oggi per me è un esempio".
Nei giorni scorsi sul suo caso si era espressa con una gaffe, alla quale poi ha cercato di rimediare, anche l’ex campionessa britannica della maratona Paula Radcliffe: “So che ora è sposato e si è sistemato, è una cosa dura punirlo due volte, se è riuscito a cambiare la sua vita dopo la prigione ed è in grado di giocare ai massimi livelli, allora gli auguro il meglio".
L’impressione è che non sia finita qui.
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