Trionfo e dramma alle Paralimpiadi, Caironi regina dei 100. Sabatini cade e trascina giù Contrafatto
Martina esulta, poi la giuria decide di assegnare il bronzo ex aequo anche a Monica
Parigi, 7 settembre 2024 – Stavano per rifarlo, Martina Caironi, Ambra Sabatini e Monica Contrafatto. Stavano per rifare il podio tutto tricolore nella finale dei 100 metri femminili T63: l’oro l’ha vinto proprio Caironi in 14”16, a Contraffatto è andato il bronzo, ma è un trionfo che ha un sapore dolceamaro, perché Sabatini stava rimontando l’indonesiana Tiarani e sarebbe salita anche lei sul podio, se agli ottanta metri la campionessa in carica toscana (in corsia 6) non fosse inciampata, trascinando a terra anche Contrafatto in corsia 7 e lasciando così a Tiarani l’argento. Una disdetta, con Sabatini che ha chiuso in lacrime mentre Caironi non riusciva a festeggiare appieno la 70esima medaglia azzurra a Parigi. E’ andata meglio a Contrafatto, che nonostante la caduta, è stata poi considerata terza ex aequo con la britannica Okoh.
Tre donne, e c’è tutta l’Italia, nel trio delle Charlie’s Angels ieri in finale: bergamasca Caironi (che venerdì compirà 35 anni), toscana la 22enne Sabatini, siciliana Contrafatto, classe 1981, tre storie che si sono intersecate ben prima di Tokyo, quando fecero l’impresa. Ambra Sabatini, la più giovane delle tre, a Parigi è stata – assieme a Luca Mazzone – la portabandiera italiana, onore che nel 2016 a Rio era toccato proprio a Martina Caironi, mentre Monica Contrafatto, alla bandiera, ha dedicato la sua vita da militare dell’Esercito, quella che le costò l’amputazione della gamba destra a causa di un attentato nel corso di una missione in Afghanistan, il 24 marzo 2012. E Caironi, in fondo, è stata l’ispirazione sia per Sabatini – che peraltro perse la gamba in un incidente in moto proprio come Martina – e per Contrafatto, che ha sempre raccontato di avere iniziato a pensare alla ha cominciato a pensare alla carriera paralimpica proprio guardando Caironi in tv a Londra, quando per lei il futuro era un’ipotesi. Ma, appunto, le Paralimpiadi – e la loro sempre maggiore copertura mediatica, meritatissima considerando il livello agonistico sempre più elevato – servono anche a questo, a spiegare che sì: si può fare. Si può fare, e si può ritrovarsi tutte e tre in finale, a tre anni di distanza, a celebrare il tricolore su una pista viola, e restare unite sia quando si può sorridere, sia quando l’amarezza prende il sopravvento.
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