Da Rigivan Ganeshamoorthy a Simone Barlaam: le Paralimpiadi dell’autoironia
Anche l’account social del Comitato Paralimpico Internazionale usa l’ironia con l’obiettivo di normalizzare la disabilità e aumentare la visibilità degli sport paralimpici. Questo tipo di narrazione, però, non piace a tutti
Gli atleti paralimpici mostrano al mondo l'incredibile potere dello spirito sportivo sotto una nuova chiave: quella dell’ironia. I profili social dei giochi paralimpici – in particolare quello TikTok –stanno pubblicando video in cui si scherza apertamente sulla disabilità degli atleti.
In vista delle Paralimpiadi di Parigi 2024, il Comitato Paralimpico Internazionale ha avuto come principale obiettivo quello di far concentrare il pubblico più sull’attività sportiva degli atleti che sulla loro storia. L’idea di ironizzare sull’invalidità degli atleti fa parte di una strategia di comunicazione più ampia, che punta a normalizzare la disabilità, aumentare la visibilità degli sport paralimpici e attirare l’interesse del pubblico.
Attraverso lo strumento dei meme e dei trend TikTok, l’account @Paralympics spiega le particolarità di alcuni sport meno noti, mostrando le difficoltà degli atleti legati alla loro condizione senza mai drammatizzarle.
È diventato virale, con ben 37 milioni di visualizzazioni, il video di un triatleta non vedente che non trova la sua bici.
"Brad Snyder al pianoforte mentre si accinge a vincere l'oro con la guida Greg Billington. Ama Beethoven”, recita un commento scritto dall’account stesso.
L’ironia tra gli atleti italiani
Anche i nostri azzurri hanno abbracciato l’idea che si possa ridere della disabilità. I tre nuotatori italiani Simone Barlaam, Federico Morlacchi e Alberto Amodeo hanno aperto una pagina Instagram che gestiscono insieme, “Le 3 gambette”, ironizzando fin dalla scelta del nome sui loro arti.
Persino Rigivan Ganeshamoorthy, medaglia d’oro nel getto del peso, ha risposto con grande ironia alle domande dei giornalisti: “Ci sono un po’ troppi disabili”.
Non poteva mancare all’appello l’inimitabile umorismo di Bebe Vio, che di fronte agli innumerevoli calzini trovati nel kit ha detto: “Senza questi io non parto ragazzi. Calzini indispensabili” – dice con un tono autoironico – “Questi vanno dritti diretti a mia sorella”.
Quello che gli atleti paralimpici chiedono e vogliono è semplicemente di essere trattati come tutti gli altri atleti e non come professionisti “speciali”. L’utilizzo dell’ironia va proprio in questa direzione: incoraggiare un racconto diverso della loro attività sportiva, nonché della loro condizione fisica e/o cognitiva.
L’ironia non è per tutti
Sebbene l’approccio rivendicato dal Comitato paralimpico stia avendo successo, non a tutti piace. D’altronde l’umorismo non è uguale per tutti.
Anche Giulia Lamarca – che con i suoi contenuti social sensibilizza i followers sul tema della disabilità – in un’intervista a La Stampa si è ritenuta scettica su questa strategia web.
“Conosco i social bene, ci lavoro, l'ironia da sola rischia anche di legittimare sconosciuti a farla laddove non fa ridere. Cosa avrei fatto io? Avrei semplicemente messo anche più video di sensibilizzazione o di divulgazione per mixare. Avrei voluto anche conoscere di più gli atleti che abbiamo visto diventare virali, ma avrei anche voluto conoscere le loro storie”.
Una strategia vincente
I diversi punti di vista aiutano il dialogo e lo sviluppo di una maggiore inclusione e sensibilizzazione sul tema della disabilità. Ma i numeri parlano chiaro, si tratta di una strategia da medaglia d’oro: con i suoi contenuti ironici, l’account TikTok @Paralympics è riuscito a raccogliere 4,5 milioni di follower – più di quanti ne abbia su Instagram, Facebook, X e YouTube messi insieme.