Goggia: “Sono forte e fragile, una donna che non si sente inferiore agli uomini”

La bergamasca a tutto tondo a Marca parla di infortuni, patriarcato, medaglie olimpiche e anche sesso: pretendo tanto da me stessa

di MANUEL MINGUZZI -
9 gennaio 2024
Sofia Goggia

Sofia Goggia

Bologna, 9 gennaio 2024 - Sofia Goggia a 360 gradi. La vita della bergamasca non è solo sci e competizioni, ma anche tanto altro, di libri, di rischio, di fragilità. L’ex campionessa olimpica, nonché quattro volte vincitrice della coppa di specialità di discesa libera, si è raccontata a Marca, partendo dal suo rapporto con se stessa, molto esigente. Sofia pretende tanto e questo si può rivelare un’arma a doppio taglio, ma la sua carriera è stata costellata di infortuni, anche gravi, da cui si è sempre rialzata. La forza di Goggia parte da dentro: “Pretendo molto da me stessa, ed è la mia forza e la mia debolezza - le sue parole - Da sempre mi baso sulla potenza, sulla forza e sulla ricerca dell’obiettivo, ma non sono mai stata una sciatrice eccezionale. Il rischio? Non lo amo, ma lo vivo e lavoro da tanto tempo con uno specialista in gestione delle emozioni”. E per superare ogni tipo di infortunio bisogna essere molto forte, ma Sofia a volte si sente anche indebolita da tanta sofferenza: “Gli infortuni mi hanno resa più forte, ma dall’altro lato mi hanno anche indebolita. Non posso dire di essere sana, convivo con il dolore ogni giorno. Ho una buona forma fisica ma so di essere fragile”.  

Le medaglie, l’idolo Lindsey Vonn e il merito

Ma di successi Sofia ne ha avuti tanti. Quattro coppe di specialità, un oro olimpico ma soprattutto un argento nel 2022 pochi giorni dopo un grave infortunio. Senza contare il miracolo di St. Moritz dove vinse dopo essersi fratturata una mano. Ma Pechino resta una emozione indelebile: “Mi sono fatta il segno della croce sul cancelletto - ancora Sofia - Ogni volta che rivedo la discesa mi sembra incredibile, praticamente ho sciato su una gamba sola e non so da dove ho preso la forza. La testa è capace di realizzare cose che per il corpo sembrano impossibili”. Nessuno credeva che Sofia ce l’avrebbe fatta a gareggiare dopo la brutta caduta di Cortina e soprattutto era impensabile immaginare una medaglia d’argento. Gli sguardi sbigottiti di tutti gli addetti ai lavori: “Quando sono arrivata a Pechino mi hanno chiesto se era una cosa per lo sponsor o solo per partecipare alla sfilata - il racconto di Goggia - La strada che mi ha portata lì è stata particolare e ne vado orgogliosa. Sono stati giorni duri, ma mi hanno arricchito tanto”. Alla base c’è stato il tanto lavoro di Sofia, la volontà di migliorarsi sempre, trovare sempre nuovi obiettivi, un allenamento incessante giorno per giorno per arrivare a Pechino: “Lavoravo della sette alle ventidue, a volte non mi fermavo neanche per mangiare. Quando sono arrivata in palestra e gli altri se ne sono andati ho pianto per 20 minuti, poi ho iniziato a lavorare e ho preso una medaglia. Ne è valsa la pena”. Sofia è cresciuta con l’idolo Lindsey Vonn e il passaggio di consegne è arrivato alle Olimpiadi 2018 con l’oro di Goggia e il bronzo dell'americana. Ora sono grandi amiche: “Ha avuto un valore enorme averla battuta, parliamo della tragedia greca, Ettore e Achille, due eroi, i migliori, i protagonisti. Eravamo io e Lindsey”. Ora invece c’è Shiffrin, praticamente una macchina perfetta: “Un robot - ancora Sofia - Una macchina da guerra, un fenomeno della natura”. Non solo sport, oppure sport legato a temi sociali. Si parla molto di patriarcato, di merito, e Sofia su questo si sente indipendente, con un concetto chiaro: “Lo sport è l’unica cosa meritocratica, il cronometro parte da zero per tutti e si ferma solo sulla base della tua bravura. Mi sento una donna indipendente, lavoro con tanti uomini ma non mi sento inferiore. Dobbiamo promuovere sistemi più meritocratici. La direzione dell’uguaglianza deve essere: vali perché sei bravo e competente, il sesso non mi interessa”.

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