Segue dalla Prima. Rino rappresentava per tutti il pugilato
di Leo Turrini No. Rino Tommasi, veronese di origine ma cresciuto a San Benedetto del Tronto, ha realizzato il sogno di...
di Leo Turrini
No. Rino Tommasi, veronese di origine ma cresciuto a San Benedetto del Tronto, ha realizzato il sogno di moltitudini di giornalisti perché lui “era” la boxe. Il pugilato. La Nobile Arte. Senza il suo intuito, l’ultima Italia forse felice, quella dei vituperati Anni Ottanta, non sarebbe stata sedotta dal finale epico di una cultura dimenticata. La cultura del ring. Fu Tommasi a far conoscere ad una generazione di italiani la furia di Mike Tyson. Rino in gioventù aveva organizzato riunioni pugilistiche, aveva allestito in prima persona la storica rivincita fra Nino Benvenuti e Sandro Mazzinghi. E quando, due decenni dopo, gli capitò tra le mani una videocassetta del giovane Iron Mike, beh, non esitò: andò da Silvio Berlusconi, all’epoca “solo” proprietario di Canale 5, e lo convinse ad acquistare in esclusiva per l’Italia i match del terribile giovinastro.
Chi c’era, lo sa. Quella fu una sorta di rivoluzione a suon di cazzotti in diretta: il “personalissimo cartellino” di Tommasi, la sua sentenza dopo ogni round, diventò parte del linguaggio comune, era un tormentone negli sketch dei comici, insomma Rino aveva inventato un linguaggio e si era identificato, lui sì!, con le imprese che narrava. Tyson, Hagler, Hearns, Leonard, Duran e Rino: indivisibili e imprescindibili.
So che retorica impone di affermare, a questo punto, che ovviamente tutto è cambiato e forse si stava meglio quando quando si stava peggio e bla bla bla. Di solito non è vero, ma stavolta sì, nel caso di Rino sì. Ci incontrammo per la prima volta ad una amichevole estiva tra Sambenedettese e Juventus, 1987: lui era già un idolo, ma aveva l’umiltà di chi non ha bisogno di complimenti. E poiché, parafrasando Antonello Venditti, certi amori professionali fanno dei giri immensi e poi ritornano, ecco, nel 2008 alla Olimpiade di Pechino mi venne a cercare perché voleva seguire accanto a me la finale di lotta greco romana nella quale era impegnato l’imolese Andrea Minguzzi. Gli dissi: accetto solo se stili il tuo personalissimo cartellino.
Si mise a ridere. Ma stette al gioco. Minguzzi vinse l’oro e i cinesi non capirono mai perché alla fine del match ci abbracciammo forte forte.
Trenta pari, Rino.
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