Sinner alla conquista di New York. Ultima salita del cammino Slam per dimenticare tutte le paure
Alle 20 la finale degli Us Open: sfida all’americano Fritz: l’altoatesino gioca anche contro il pubblico di casa. Dopo gli infortuni e il buio del caso doping, nel mirino c’è il secondo titolo Major di una stagione favolosa.
Scavato nel profondo dalla tempesta doping Sinner ci è sembrato un po’ meno quadrato. Assolto sulla carta, libero nella coscienza, ha fatto affiorare nella corsa americana la ruggine delle preoccupazioni. Una, due, tre: messe in fila le partite fino alla finale di oggi contro Taylor Fritz (dalle 20 italiane in chiaro su Supertennis e in abbonamento su Sky), l’azzurro ha lucidato piano piano l’armatura. Tornata scintillante come il suo sorriso ("lo avevo perso, non mi divertivo più" aveva detto dopo l’esplosione della bolla Clostebol) quella corazza lo ha difeso dagli attacchi di Medvedev nei quarti di finale e poi da quelli dell’amico Draper.
Il ragazzo che non si divertiva più ha ritrovato la gioia del campo. Viaggiano meglio i colpi e le gambe lo assistono per dare un motore al tennis più fisico che mai. Si vedrà oggi se l’anima sarà curata appieno. Jannik ha contro non un avversario, ma tutti i venticinquemila tifosi dell’Arthur Ashe pronti a sostenere taylor, il primo americano – a distanza di 18 anni da Andy Roddick – a tentare l’assalto al titolo major. Ma il 23enne di Sesto Pusteria lo sa, e non pare essere molto preoccupato.
Uno pari negli scontri diretti con Fritz. I precedenti possono sollevare qualche dubbio, ma il gioco di Jannik ha ancora qualche margine di miglioramento. Sono salite le percentuali al servizio, il dritto finalmente punge e crescono anche i punti confezionati a rete. Dalla sua parte l’azzurro ha statistiche invidiabili: 54 vittorie su 59 partite. E poi i tie-break: quindici vinti sugli ultimi 16 disputati. Il segreto? "Quando mi avvicino a giocarlo (il tie-break, ndr), provo alcuni colpi e mi preparo".
Svelato l’arcano restano da sciogliere i dubbi sulle condizioni fisiche dell’azzurro. Viene da partite fiume, un po’ bugliarda l’ultima a guardar solo il punteggio: contro Draper sono stati tre set di un’intensità unica nel caldo-umido asfissiante della Grande Mela. Poi la caduta, il dolore al polso combattuto a denti stretti durante il match: "L’ho sentito un po’". Tutti suggestionati da quella borsa del ghiaccio tenuta sulla mano anche durante il defaticamento assieme agli allenatori Simone Vagnozzi e Darren Cahill (foto in alto).
Un dolore che in realtà è sembrato poco preoccupante. Jannik si porta in borsa l’erperinza di campione Slam e di numero uno al mondo. "Quando arrivi a giocare la domenica – ha detto Sinner –, significa che hai fatto un ottimo risultato. Lo Slam è diverso, penso comunque che bisogna scendere in campo anche per divertirsi. Da Melbourne a oggi ci sono state tante vittorie, momenti belli, altri difficili. Una finale slam è speciale, e sarà una domenica speciale"
Si è rivista la tranquillità che guida il suo carattere mentre cercherà di vincere il secondo titolo major nella stessa stagione: sarebbe il primo a riuscirci dai tempi di Guillermo Vilas nel 1977. E ovviamente sarebbe il primo (quante volte abbiamo sentito questa parola) nel tennis azzurro a conquistare gli Us Open affiancando Nicola Pietrangeli nella corte dei pluritrionfatori Slam.
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