Sinner La grande bellezza
Terzo titolo Slam, torneo dominato. Zverev s’inchina: "Sei il migliore". .
Occhi negli occhi con il tuo avversario, pronto ad asciugar le lacrime di un pianto amaro con il lenzuolo del conforto. Sei Jannik Sinner, il numero uno al mondo, e hai appena vinto il terzo Slam della carriera, ma la cosa più grande la fai prima di ricevere il trofeo: regali alla storia non solo un titolo, ma l’ennesima lezione di fair play. L’abbraccio finale fra l’azzurro e Alexander Zverev, appena sconfitto nella sua terza finale Major è qualcosa da far vedere e rivedere ai bambini (e non solo) che sognano di diventar campioni e ti fa chiedere cosa mai si saranno detti? "Sul campo siamo avversari, ma il tour è come se fosse una scuola. Non ci sono libri ma racchette, ma siamo come dei compagni di scuola", dice Jannik. All’Australian Open c’è un ragazzo tutto italiano che ha letteralmente passeggiato nel suo Eden, cercato, costruito e trovato per la prima volta un anno fa. Era solo l’inizio di quella che oggi è una saga incredibile. Ecco, incredibile, probabilmente per inquadrare Jannik Sinner bisognerà inventare un altro termine dato che oggi è il tennista italiano più vincente di sempre: tre slam in bacheca, due Coppe Davis oltre al trono dell’Atp. Un dominio cesellato da una foto simbolo, con ai piedi un paio di scarpe speciali per ricordare Kobe Bryant, leggenda del basket scomparsa 5 anni fa in un incidente.
Così l’altoatesino ha scavato un solco rispetto ai suoi colleghi, oltre il piano tecnico, su quello del rispetto, dell’educazione e dello stile. Nel 2024 si è fatto le ossa, quasi fallendo la sua prima finale degli Australian Open, mettendo in piedi una rimonta favolosa contro Medvedev per poi navigare un anno intero tra le stelle e gli asteroidi dell’infortunio e del caso Clostebol. E oggi? Ha la forza di muovere i pianeti dello sport. Consola come farebbe un coach-padre l’avversario quasi cinque anni più vecchio, con un monte di esperienza sulla schiena e che in finale si è beccato un 6-3, 7-6, 6-3. La misura di una superiorità vista solo nell’epoca dei ’big three’, quando lasciavano le briciole agli avversari. Perché sul piano tecnico non c’è stata partita all’ultimo atto nemmeno contro un tennista completo e potente come Zverev. Un titolo Slam centrato e una finale senza subire break. Se un anno fa l’azzurro ci ha fatto vedere com’è fatto il sogno, oggi ci ha rimesso la sua firma sopra, perché – lo ha detto pure il suo coach Cahill – confermarsi "è la cosa più difficile". Da quando è diventato numero 1, Sinner si è messo a lavorare il doppio, quasi per tener lontana l’idea di quella sentenza (sul caso Clostebol), a proposito: "Se sapessi di essere colpevole non giocherei così". Il passaporto per il mito è pronto, con la presidente del Consiglio Meloni che ti definisce "un orgoglio per l’Italia" e una concentrazione tale che ti permette di andare oltre i malanni della stagione australiana. Come quel virus che progettava di buttarti fuori dal torneo. Oltre il rumore assordante delle critiche, come quella del quotidiano tedesco ’Bild’, che l’altro giorno aveva titolato ’Zverev in finale contro skandal Sinner’, riferendosi alla tempesta doping. Ma Jannik che fa? Gioca, vince, gioca, rivince. Poi esultanza garbata, nel rispetto di un avversario disperato dopo aver fallito l’ennesima finale Slam, che sconsolato gli dice: "Hai meritato tu, sei il più forte di tutti". Frase a cui risponde subito Jannik: "Sei straordinario, continua a credere in te stesso, sappiamo quanto sei forte, non solo come giocatore, ma come persona, continua a lavorare duro e probabilmente potrai sollevare una di questi molto presto". Un anno fa la dedica ai genitori, che lo hanno lasciato "libero di scegliere", cosa fare della propria vita. Agli Us Open Jannik rivolse il primo pensiero alla zia morente. Ieri l’inchino all’avversario, perché senza quelli non ci sarebbero campioni.
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