Arrampicata sociale: “Aiuteremo la banlieue”

Gli impianti dei Giochi di Parigi diventano scuole per i giovani di Saint-Denis. Il presidente Scolaris: “La nostra medaglia è l’eredità ai cittadini”

di DORIANO RABOTTI
18 dicembre 2024
La parete di arrampicata sportiva rimasta attiva nella zona di Le Bourget, nel quartiere di Saint-Denis

La parete di arrampicata sportiva rimasta attiva nella zona di Le Bourget, nel quartiere di Saint-Denis

Dove l’ascensore sociale è sempre in avaria, bisogna imparare ad arrampicarsi. Si parla tanto dell’eredità delle Olimpiadi: a Parigi quella più concreta la lasceranno gli italiani. Detta così sembra troppo campanilistica, ma è un dato di fatto che una delle due sole federazioni sportive mondiali che hanno sede operativa in Italia, quella dell’arrampicata (International Federation of Sport Climbing), presieduta dal piemontese Marco Maria Scolaris, sia anche l’unica che lascerà nella capitale francese qualcosa che prima non c’era. Perché tutti gli altri sport si sono tenuti all’interno di palazzetti o strutture che già esistevano. L’arrampicata ha regalato a un quartiere difficile come Saint-Denis strutture che potranno aiutare anche a combattere fenomeni di degrado. Compresi un palazzetto e un campo da calcio in erba sintetica.

Scolaris, il vostro passaggio sotto la Tour Eiffel lascerà un segno vero.

"Per noi l’arrampicata è uno strumento sociale, il nostro slogan è ’rendere il mondo un posto migliore attraverso lo sport’. Quando qualche anno fa lessi su Le Monde una dichiarazione del presidente Macron che diceva ’non si fa abbastanza per la banlieue’, mi sono detto: ci siamo, tocca a noi. Nei piani iniziali le gare dell’arrampicata erano state destinate a Place de la Concorde, in un ’urban cluster’ con skateboard, BMX e basket 3 contro 3".

Era un bel posto, perché avete cambiato le carte?

"Perché in Francia l’arrampicata è veramente uno strumento sociale, il quarto sport più praticato nelle scuole. Ero sicuro che i responsabili amministrativi locali l’avrebbero chiesta o appoggiata. E infatti dopo qualche giorno spunta il nome di Le Bourget come location possibile, io conoscevo bene il posto perché ci ero andato spesso fin da bambino con mio padre a vedere uno spettacolo di volo. E conoscevo anche la situazione sociale di una zona depressa, che pur essendo così vicina al cuore di Parigi aveva poche attività sociali e sportive, in una zona di storiche tensioni sociali come Saint-Denis".

Quindi?

"Quindi siamo andati a visitare la possibile location. C’era un liceo in rovina, un campo da calcio che non aveva più l’erba e quando ci fecero vedere il progetto che comprendeva anche una sala d’arrampicata che sarebbe stata usata per i preparativi per le gare, ci piacque enormemente perché era qualcosa che poteva rimanere anche dopo i Giochi, in una zona che ne ha sicuramente bisogno".

Tutti d’accordo? Avete lasciato una vetrina da boutique per andare in periferia…

"Non è stato facile neanche convincere la mia squadra, chiaramente muoversi da Place de la Concorde a Le Bourget offre prospettive d’immagine diverse. Anche perché l’arrampicata era alla sua seconda apparizione ai Giochi, tre anni dopo Tokyo dove il pubblico non aveva potuto vedere niente per il Covid. Anche all’interno del Cio, il Comitato olimpico mondiale, alcuni amici ci fecero notare che ci stavamo prendendo un bel rischio. Ma l’abbiamo corso volentieri perché era legato ai nostri principi e al nostro spirito. Purtroppo abbiamo dovuto fare i conti con altri limiti oggettivi".

Quali?

"In un’altra posizione avremmo potuto avere il doppio degli spettatori che abbiamo ottenuto, ma lì non si poteva perché la zona è servita solo da una linea di trasporto su rotaia e l’impianto è a dieci minuti a piedi dalla stazione. Ci siamo fermati a 6.300 spettatori al giorno perché se ne avessimo portati diecimila li avremmo costretti a tre ore di coda sulle strade, creando problemi a tutti. Comunque abbiamo fatto il sold-out al primo giro di vendita dei biglietti".

Parliamo del futuro. Ora che cosa succederà?

"Lì abbiamo lasciato la sala con le ’prese’ su cui si arrampicano gli atleti che sono quelle usate alle Olimpiadi. Di queste prese esistono altri lotti, usati per allenamenti e gare, che sono stati distribuiti in tutti i continenti alle federazioni che ne hanno bisogno, quelle dell’Europa sono rimaste in Francia a Saint-Denis. Ora per raggiungere la parete di Le Bourget c’è anche una passerella che scavalca l’autostrada, completata dopo le Olimpiadi, che collega il quartiere alla zona dell’aeroporto".

Come sarà verificata l’utilità sociale degli impianti?

"Ovviamente non ci interessava costruire una cattedrale nel deserto. Il complesso scolastico e sportivo è stato rifatto, il campo da calcio adesso è in erba sintetica, tutte le strutture del liceo sono state rimesse in funzione, quindi la popolazione locale sarà coinvolta sicuramente. Stanno studiando come creare un club locale per gestire direttamente l’impianto. Quando tornerò a Parigi andremo a vedere come si sono organizzati, ma in Francia lo sport è una questione sociale. Funzionerà".

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