Coni, Abodi stoppa Malagò: “Finisce qui, no al rinnovo”

Il ministro ha confermato la sua opposizione alla deroga sui mandati per il presidente del Coni: “La legge non lo prevede”. Il nodo Milano-Cortina, le ipotesi Pancalli, Buonfiglio, Barelli o Binaghi

di DORIANO RABOTTI
14 febbraio 2025
Andrea Abodi, al centro, tra il presidente della Figc Gabriele Gravina e quello del Coni Giovanni Malagò

Andrea Abodi, al centro, tra il presidente della Figc Gabriele Gravina e quello del Coni Giovanni Malagò

Andrea Abodi non ha cambiato posizione. Quella espressa oggi non sarà l’ultima parola sulla possibile proroga del mandato di Giovanni Malagò come presidente del Coni, ma ci somiglia molto. Con tutto quello che ne consegue in termini di paradossi all’italiana: con due ministri che a distanza di pochi giorni esprimono pareri contrastanti (Matteo Salvini aveva auspicato una deroga per un anno, per permettere a Malagò di completare il percorso fino ai Giochi di Milano-Cortina). Abodi era a Casa Sanremo e ha ribadito un concetto che a dire il vero aveva già espresso più volte nei mesi scorsi: "Malagò finisce con questo mandato. Non c'è il rinnovo perché la legge non lo prevede”, ha detto Abodi in Liguria. Malagò sta concludendo il terzo mandato, la scadenza è fissata tra tre mesi, in maggio, e al momento la legge non prevede la possibilità di averne un quarto. A quanto pare il governo non sembra intenzionato a concedere deroghe. E questo potrebbe complicare il lavoro in vista delle Olimpiadi invernali del 2026. Malagò in questi mesi ha fatto presente il fatto che ai presidenti delle Federazioni sia stato tolto il limite di mandati se al momento delle elezioni raccolgono i due terzi dei voti. Il Coni però ha una natura giuridica diversa, è un ente pubblico e le regole, come quella che riguarda i mandati del presidente, sono passibili di cambiamenti solo con una legge.

E si arriva al primo paradosso, con il soggetto che ‘governa’ le federazioni che ha regole diverse da quelle dei ‘governati’. Il secondo paradosso è politico, come si diceva: “Penso che sia giusto che Malagò arrivi ad accompagnare le Olimpiadi, che resti quindi fino alla conclusione dei Giochi a primavera 2026. Mi sembra corretto”, aveva detto qualche giorno fa un altro ministro, Matteo Salvini, coinvolto direttamente nel percorso verso i Giochi essendo il titolare del dicastero per le Infrastrutture e i Trasporti. Di sicuro l’assenza di Malagò dal ruolo di numero uno dello sport italiano, ricoperto in questi anni con grandi successi sportivi soprattutto negli eventi a cinque cerchi, creerebbe una situazione più difficile nella gestione dei mesi che ci separano dai Giochi, e il suo successore non potrebbe essere operativo fin dal primo giugno nella gestione dell’avvicinamento ai Giochi. Malagò resterebbe comunque in carica come presidente della Fondazione Milano-Cortina.

Quanto ai possibili ‘eredi’, qualche nome è già trapelato nei mesi scorsi. Al momento il candidato più probabile, si sussurra nei corridoi romani, sarebbe il presidente del Cip Luca Pancalli, con l’ipotesi di unire il lavoro delle due strutture in un unico comitato olimpico e paralimpico. Nei giorni scorsi era uscito allo scoperto anche il presidente della Federcanoa, Luciano Buonfiglio, che aveva dichiarato di essere un fan di Malagò, ma di voler iniziare a pensare a un’alternativa qualora il rinnovo si rivelasse impossibile per...legge. Come si sta verificando. Altri nomi circolati nelle settimane passate (a volte forse fatti circolare apposta, magari per bruciarli) sono quelli di Paolo Barelli, presidente della Federnuoto nonché deputato e presidente del gruppo di Forza Italia (che sostiene il governo di cui fa parte Abodi) alla Camera, e di Angelo Binaghi, presidente della Federtennis più vincente di sempre, che non ha mai nascosto la sua opposizione a Malagò (e per alcune dichiarazioni in questa direzione è stato anche indagato dalla procura federale).

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