"Il campo è come un ring». Toti e il sogno medaglia:: "Il mio sport ne ha bisogno a Los Angeles sarò pronto»
Giovanni è l’autore della prima storica vittoria del badminton azzurro ai Giochi
Quel campo è come un ring. "Le mie partite? Le immagino sempre come un match di pugilato". Quindi testa bassa e "musica nelle orecchie per concentrarsi", forse è questa la ricetta che ha portato Giovanni Toti fino ai Giochi, lui, primo italiano a vincere uno storico match con volano e racchette a livello olimpico. Ventitré anni, bresciano di Chiari, l’atleta dell’Esercito sogna una medaglia per rendere più popolare il suo sport in Italia, ma non solo...
Cosa si porta a casa da Parigi?
"L’atmosfera che è impagabile, a partire dal villaggio olimpico. Ma soprattutto ho avuto l’occasione di parlare con tanti atleti, di confrontarmi con loro a 360 gradi sugli allenamenti, di imparare qualcosa, perché alla fine nessuno fa le cose perfette".
Giovanni parla dal Perù, ’buen retiro’ dove ha iniziato gli allenamenti, a migliaia di chilometri dall’Arena Porte de La Chapelle (la stessa della ginnastica ritmica), che qualche settimana fa ha ospitato la sua impresa.
Come ci è finito in Sud America?
"La mia ragazza è di qui, gioca anche lei, in questo modo riesco a riposarmi, ma anche ad allenarmi in un circolo vicino, ora si ricomincia con i tornei".
Dove?
"Al momento ne ho uno in Cina a Macau, il ’Macau Cina super 300’. In Sud America ho allenato invece soprattutto la parte fisica, con i miei preparatori che mi seguono da remoto".
Cosa fece scattare la scintilla fra lei e il badminton?
"Quasi per caso, lo ammetto. Da ragazzino giocavo a tennis e facevo pugilato, a scuola, durante una lezione di ginnastica, capitò di provare il badminton".
Amore a prima vista?
"Diciamo che ero l’unico che riusciva a colpire il volano perché ci sapevo fare con la racchetta. In più c’erano i miei compagni di classe a incoraggiarmi. Da quel momento mi sono lanciato nell’avventura e mi è piaciuto, anche perché, ma solo inizialmente, sembrava uno sport molto più economico rispetto al tennis".
Cosa ama del badminton?
"Amo la sua spettacolarità, mi diverto a fare colpi particolari che solo la velocità del volano permette (vedere la veronica giocata contro il numero 1 del mondo alle Olimpiadi per credere, ndr)".
Secondo lei perché il badminton in Italia non vive ancora la sua età dell’oro?
"Dove mi alleno, al centro tecnico di Milano, ho tanti compagni che giocano da dieci anni, non ricevono un compenso e dipendono totalmente dai loro genitori. E’ difficile quindi farlo ad alto livello, anche dal punto di vista degli sponsor ci sono meno investimenti sui ragazzi. Io fortunatamente ho la federazione alle spalle che mi aiuta. Ora vedo che le Olimpiadi hanno smosso un po’ le acque...".
Ma per scoperchiare il vaso cosa serve?
"Una medaglia olimpica potrebbe smuovere tutto".
La aspettiamo da lei...
"E’ il mio obiettivo, il mio sogno più grande, e sto già lavorando in vista di Los Angeles. Ma le vittorie da sole non bastano..."
Si spieghi meglio.
"Serve più promozione per attirare i giovani e crescere campioni. Può scattare dai social, ma a mio avviso anche le gare possono essere inserite in contesti un po’ all’americana, con spettacoli e magari concerti di contorno".
Quando non ci sono le Olimpiadi cosa fa un giocatore di Badminton?
"Si gira per tornei, soprattutto all’estero, in Italia i prize money sono molto bassi. Un evento come il ’China master’ può portare al vincitore anche 200mila euro. Inoltre ci saranno prima gli Europei a squadre di Los Angeles (2024), gli individuali e i mondiali 2025".
Gira il mondo tutto l’anno, quali paesi l’hanno colpita di più?
"Sono innamorato del Canada, soprattutto sotto Natale l’atmosfera è unica. Ma anche l’Asia in generale, vero cuore di questo sport, è molto affascinante".
Continua a leggere tutte le notizie di sport su