Cosa resta dopo Atene. Una tragedia greca. Alla faccia di Euripide
L'articolo critica la Fiorentina per aver abbandonato il proprio credo durante una partita, risultando brutta e inconcludente. I tifosi sono delusi e feriti, mentre la squadra sembra aver perso la propria identità.
Se all’esame di maturità vi chiederanno di parlare della tragedia greca non mettetevi a disquisire su Biraghi, su Nico Gonzales, su Bonaventura che ciabatta davanti a portiere. No, loro vi stanno chiedendo di parlare di Sofloche, Eschilo, Euripide. E non li trovate su trasfertmark. Insomma, siate lucidi, non fate come la Fiorentina ad Atene, che dentro una partita spettacolare come una sfida del torneo amatori di Borgo a Buggiano, ha deciso di cambiare abito e di abbandonare il proprio credo per diventare qualcos’altro. Cosa? Boh. Nessuno lo ha capito. Italiano ha iniziato a parlare livornese come Allegri per sfoderare un improbabile pragmatismo della serie brutti ma concreti. La prima strada è andata buon fine. Se la Fiorentina voleva essere brutta ci è riuscita benissimo. Insomma, i ragazzi hanno compreso perfettamente solo la prima parte della strategia. Sul concreti possiamo far calare il sipario. Brutti e inconcludenti, quindi perdenti, come sempre. Quei lancioni alla ricerca di non si sa cosa sono stati l’arma di una squadra tutta chiacchiere e distintivo. Il peso delle parole della vigilia, di dediche strappalacrime, di rispetto per i tifosi e per la maglia fanno sembrare le promesse elettorali di un politico qualsiasi trasparenti e coerenti verità. La coerenza di questa Fiorentina sta solo nel saper perdere le finali, nel far piangere i propri tifosi. Ecco, sì. I tifosi. E’ chiaro che le tragedie del mondo sono altre. Però questa volta per tanti si è trattato di un dolore quasi fisico. Era difficile immaginare che Italiano e i suoi, che non sono fenomeni, ma di sicuro più forti (in teoria) degli avversari, dopo una quindicina di minuti smettessero di giocare a calcio. Se ci fossero stati loro alle Termopili, sui libri di storia il tutto si sarebbe risolto in due righe. “Gli eroi si gettarono in una sfida impossibile. E con l’occhio da Branzino lesso sfidarono l’impossibile al grido “Ragazzi, ma chi ce lo fa fare?. C’è l’happy hour al Viola Park”. A tenere in piedi l’onore di una città ferita solo i tifosi, quelli ad Atene, quelli al Franchi, dove alla fine è calato il silenzio. Bambini in lacrime, gente che ha tirato fuori uno stipendio nella speranza di vedere e festeggiare finalmente una Coppa colorata di viola. Sì, questa volta è veramente dura e, soprattutto, incomprensibile. Hai voglia a tatuaggi maori o da guerrieri pronti alla sfida. Un bel tatuaggio di un bradipo spiegherebbe di più. E come consolarsi? Forse pensando che alla terza volta la Coppa della Conference te la consegnano per sfinimento. Che al decimo centravanti acquistato, giusto per una questione statistica, alla fine ne trovi uno che conosce il mestiere del gol. Sosteneva Euripide: “Insieme al successo arriva una reputazione di saggezza”. Siamo abbastanza certi del fatto che Euripide non stesse parlando Fiorentina.
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