Milan, Ibrahimovic: "Non sono il baby-sitter dei giocatori, devono dare il 200%"

Il senior advisor di RedBird a tutto tondo prima della sfida con il Barcellona: "Se sono un leader lo devo a Capello. Mourinho? Una macchina e un manipolatore"

di LUCA MIGNANI
6 agosto 2024
Zlatan Ibrahimovic, senior advisor di RedBird

Zlatan Ibrahimovic, senior advisor di RedBird

Milano, 6 agosto 2024 - Presente, passato, futuro: Zlatan Ibrahimovic a 360 gradi. Il senior advisor di RedBird ha parlato alla vigilia dell'ultima partita negli Stati Uniti del Milan: rossoneri in campo questa notte (mercoledì 7 agosto ore 1.30 italiane) contro il Barcellona. "Il mio obiettivo è quello di portare risultati e aumentare il valore, l'ambizione del club è quella di vincere".

Lo svedese si è espresso sulla sua nuova vita da dirigente, sempre vicino alla squadra: "Vero, però non sono un baby-sitter. I nostri giocatori sono adulti, devono assumersi le loro responsabilità. E devono dare il 200% sempre, anche quando non ci sono". Intervistato da The Athletic, Zlatan ha raccontato del suo ritorno al Milan, da calciatore, negli ultimi anni della sua carriera con gli scarpini ai piedi: "Milano è l'elite dell'elite. Ci sono pressioni, pretese, doveri. Bisogna assumersi responsabilità, diventare uomini. Ero il punto di riferimento, una specie di angelo custode".

Frasi forti, come sempre. Ad esempio: "Debolezze? No. Quando c'è un obiettivo si va fino in fondo: o si riesce, o si fallisce. Le probabilità sono 50 e 50. Nel mio caso 99 e 1. Anzi, 99,9. Faccio di tutto per avere successo, so quanto valgo: è anche una questione mentale".

Questione di carattere, questione di insegnamenti ricevuti da grandi maestri: "Se sono diventato un leader lo devo a Fabio Capello, ai tempi della Juventus. Mi ha distrutto, ma mi ha anche aiutato a formarmi. Io pensavo di essere il migliore, lui diceva che ero una m...a. Poi però, quando ero giù, mi supportava. Ha funzionato: sono diventato il migliore. Al Milan vogliamo creare proprio questa cultura: un vincente crea vincitori, un perdente no".

Non è mancato un pensiero a Mourinho, suo allenatore all'Inter e al Manchester United: "Era una macchina, ma anche un manipolatore. Sapeva entrarti in testa e tirare fuori il meglio. Un Capello in versione moderna. Mi piaceva perché mi ricordava le mie origini, la severità della mia famiglia".

Sul futuro, una carriera da allenatore è esclusa: "Non credo che mi piacerebbe farlo I capelli mi diventerebbero completamente grigi in una settimana. Un allenatore lavora fino a 12 ore al giorno, non ha assolutamente tempo libero. Il mio ruolo, invece, è collegare tutto. Essere un leader dall'alto, assicurarmi che struttura e organizzazione funzionino. E mantenere tutti sulle spine".

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