Addio Furrer, cade in gara e muore a 18 anni. Bici e tragedie: si allunga la scia di vittime

Mondiali, lo schianto nella gara juniores. Soccorsa dopo un’ora la svizzera si è spenta ieri in ospedale. Un anno fa toccò al connazionale Mader

di ANGELO COSTA -
28 settembre 2024
Addio Furrer, cade in gara e muore a 18 anni. Bici e tragedie: si allunga la scia di vittime

Muriel Furrer, classe 2006, viveva a Egg, a pochi chilometri dal tracciato di gara

Cinico o baro che sia, il destino sembra avere un conto aperto con i ciclisti svizzeri: a poco più di un anno dalla tragica fine di Gino Mader, lo sport delle due ruote piange Muriel Furrer, diciotto anni appena. Anche lei ha perso la vita sulle strade di casa, anche lei in corsa (la prova mondiale riservata alle juniores), anche lei per una caduta in discesa. In segno di rispetto l’Uci e il comitato organizzatore, che non hanno sospeso le gare iridate dopo un consulto con la famiglia della sfortunata ciclista, hanno ridotto le cerimonie di premiazione alla semplice consegna di medaglie (fra gli under 23 vittoria del tedesco Behrens, miglior azzurro Pellizzari undicesimo), senza inni e bandiere.

Muriel, classe 2006, viveva a Egg, a pochi chilometri da dove giovedì mattina è scattata la prova juniores. Vicecampionessa nazionale su strada e a cronometro, era considerata una ciclista a tutto campo e non solo: aveva ottenuto ottimi risultati nella mountain bike e nel cross, e se la cavava bene anche nello sci di fondo. Del suo incidente, avvenuto in un tratto in discesa nel bosco, lontano dalle telecamere e sul quale nulla è trapelato fino a tarda sera, non è chiara la dinamica: l’ipotesi è che sulla strada resa viscida dalla pioggia la giovane abbia perso il controllo della bici e sia finita contro un albero, riportando una profonda ferita alla testa, e restando per oltre un’ora nascosta sotto la boscaglia prima di essere individuata dai soccorritori. Trasportata in elicottero a Zurigo e sottoposta ad intervento chirurgico, ha cessato di vivere nel primo pomeriggio di ieri.

E’ un altro giorno triste per il ciclismo, purtroppo non il primo: nè quest’anno, nè in passato. Appena tre mesi fa, a inizio luglio, ad allungare la fin troppo numerosa lista di vittime in gara è stato il norvegese Andrè Drege, anche nel suo caso per un volo in discesa al giro d’Austria. E un anno prima, sempre in luglio, sempre in discesa, sempre in Austria, aveva perso la vita un altro juniores, Jacopo Venzo, promessa vicentina di 17 anni. Tragedia avvenuta poche settimane dopo quella di Gino Mader, finito in un dirupo al giro di Svizzera.

Di lacrime se ne sono versate parecchie nel ciclismo recente. Basti pensare al talento belga Bjorg Lambrecht, schiantatosi contro un ponte in cemento al Giro di Polonia 2019, allo statunitense Chad Young, finito in una maxicaduta al Tour of Gila 2017, al belga Antoine Demoitiè, investito da una moto alla Gand-Wevelgem 2016, al suo connazionale Wouter Weylandt, caduto nella discesa del Bocco al Giro d’Italia 2011, e al kazako Andrei Kivilev, finito contro le transenne alla Parigi-Nizza 2003.

Prima ancora il ciclismo aveva pianto il nostro Fabio Casartelli nel 1995 (caduta in discesa al Tour), Emilio Ravasio nel 1986 (caduta al Giro), il portoghese Agostinho nel 1984 (caduta provocata da un cane al giro dell’Algarve), lo spagnolo Santisteban nel 1976 (caduta al Giro), il campione del mondo belga Monserè nel 1970 (scontro con un’auto in una corsa in Belgio) e Serse Coppi, fratello di Fausto, nel 1951 (caduta sui binari del tram alla Milano-Torino), per restare ai casi più noti. Un elenco che purtroppo non smette di aggiornarsi, confermando come il ciclismo, fra tanti pregi, abbia anche il difetto di essere uno sport pericoloso.

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