Brutta caduta per Bettiol e Milan, Viviani finisce all’ospedale. Van der Poel in Paradiso nell’Inferno del nord

Doppietta alla Roubaix una settimana dopo il Fiandre: il fenomeno olandese in fuga per sessanta chilometri

di ANGELO COSTA
8 aprile 2024
Van der Poel in Paradiso nell’Inferno del nord

Van der Poel in Paradiso nell’Inferno del nord

Sessanta alla Parigi-Roubaix dopo i 44 al Fiandre: ormai le imprese di Mathieu Van der Poel si misurano in chilometri di fuga solitaria. Altro capolavoro dell’olandesone, puntualissimo nel rispettare il suo ruolo di strafavorito, altra pagina di storia: a vincere le due classiche monumento sulle pietre fiamminghe e francesi nel giro di una settimana, in maglia iridata c’era riuscito soltanto Rik Van Looy, una leggenda, oltre sessant’anni fa.

Tanti saluti all’Inferno del Nord: qui c’è un fenomeno che corre solo in Paradiso.

Vdp doveva essere e Vdp è ancora. Talmente forte da abbattere ogni genere di tabù: dagli sgambetti della malasorte, come forature e guai meccanici sempre in agguato in questa corsa, alla maledizione della maglia che indossa, che ha colpito tanti suoi predecessori. Sia merito del destino o di una genetica superiore (papà Adri è stato un ottimo corridore di classiche, il nonno materno era Poulidor), Van der Poel travolge tutto e tutti: se non ha avversari del suo livello è solo per eccesso di superiorità.

Domina Van der Poel, come già Pogacar alla Strade Bianche e gli altri del genere marziani, e subito si riapre il dibattito: ciclismo noioso? Libero ciascuno di annoiarsi, ma in ogni sport quando emerge il fuoriclasse di taglia extralarge si corre questo rischio: ai loro tempi, i vari Valentino Rossi, Schumacher, Federer e Nadal sembravano senza rivali quando si mostravano in tutto il loro splendore. E giustamente venivano celebrati ogni volta che si comportavano da padroni, praticamente sempre.

Grazie a questo Van der Poel, vien fuori la terza classicona stagionale più veloce di sempre, come già il Fiandre e la Sanremo gentilmente servita al compagno Philipsen: questa Roubaix fila via a quasi 48 di media, dopo aver toccato la siderale punta di 51,2 nella prima metà del percorso. E’ lì che il campione del mondo comincia a cuocere i possibili avversari, restringendo a una trentina i corridori che si presentano alla discussa chicane di Arenberg, annullando così ogni rischio. E’ l’antipasto del piatto di portata, l’attacco sul pavé di Orchies che consente a Van der Poel una spettacolare ed esaltante passerella di 60 chilometri fino al velodromo, fra due muri esagerati di folla. Chapeau.

"Ho voluto fare subito la corsa dura perché mi sentivo benissimo. Ci tenevo a onorare la maglia iridata, ma non immaginavo di iniziare la stagione così. Mi godo il momento, poi farò Amstel e Liegi" dice Van der Poel, festeggiando il sesto centro in una classica monumentale (tre Fiandre, due Roubaix e una Sanremo a 29 anni), dopo una giornata in cui l’Italia si guadagna l’oscar della sfortuna: una caduta dopo 37 chilometri toglie di scena in un colpo solo Viviani (finito all’ospedale), Milan e l’esordiente Bettiol, mentre Mozzato scende dal trenino di prima classe prima di Arenberg.

Ordine d’arrivo 121ª Parigi-Roubaix: 1) Mathieu Van der Poel (Ola, Alpecin) km 260 in 5h 25’ 58’’ (media 47,802), 2) Philipsen (Bel) a 3’00’’, 3) Pedersen (Dan) st, 4) Politt (Ger) st, 5) Kung (Svi) a 3’15’’.

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