Bussi, questa è l’ora buona: "Spero che il mio esempio possa aiutare i giovani"

Ha lasciato la carriera da matematica per riconquistare il record in Messico "La Federazione non si è mai interessata, in Svizzera mi hanno adottata".

di ANGELO COSTA -
13 dicembre 2023

Nessun dubbio, ciclista dell’anno in Italia è una donna che ha fatto la storia: Vittoria Bussi, la prima a portare il primato dell’ora oltre i 50 chilometri. Trentasei anni, romana di nascita e torinese d’adozione, merita la vetrina per ciò che ha fatto, ma soprattutto per come l’ha fatto: in totale autonomia, scegliendosi i compagni di viaggio, autofinanziandosi con una raccolta fondi e sfruttando i principi matematici appresi in un dottorato a Oxford che un decennio fa avrebbe potuto spalancarle una carriera da ricercatrice.

Invisibile a media e vertici del ciclismo italiano, lo scorso 13 ottobre Vittoria ha percorso 50,267 chilometri, uno in più dell’olandese Van Dyck, oltre due rispetto al record da lei stessa stabilito cinque anni prima, sempre sulla pista messicana di Aguacalientes. Traguardo straordinario, che consente all’Italia di essere il primo Paese dopo 65 anni a detenere entrambi i primati dell’ora (Ganna un anno prima ha portato quello maschile a 56,792) e all’azzurra di completare un cammino ciclistico che le soddisfazioni maggiori gliele ha date nelle prove contro il tempo, dove ha sfiorato più volte il titolo italiano in pista e a crono.

Vittoria, che sensazioni lascia un record dell’ora?

"Il dovere di raccontare il senso profondo per cui è stato fatto. Il messaggio che sto divulgando ai giovani è difendere la propria autenticità, avere il coraggio di portare avanti un progetto personale anche fuori dal sistema, come ho fatto io".

Che stimolo l’ha spinta?

"Sono tornata in Messico dopo cinque anni per vedere come ero cambiata, soprattutto mentalmente: puoi allenarti finché vuoi, ma se non reggi di testa addio. Non è stato un confronto con altri, ma fra Vittoria e Vittoria".

La chiave del primato?

"La regolarità. Ho rischiato partendo forte, temevo la ‘botta’ di fatica, invece stavo bene e ho mantenuto i tempi. Puntavo ai 50, aggiungere oltre un giro è stato qualcosa di grande".

Si è migliorata di 2.260 metri: il segreto?

"Un grande lavoro di cui vado strafiera. Dall’allenatore al posizionamento in bici, dal nutrizionista alla palestra, è stato un progetto partito quasi da zero e che non ha mai smesso di svilupparsi, sperimentando soluzioni estreme studiate su di me. Fino all’ultimo la regola è stata: trovare l’accorgimento per rendere meglio".

Differenze col primo record?

"Più di una, a partire dalla comunicazione: con Samantha Tozzi, che ha ideato il nome Road2Record, abbiamo voluto raccontare la nostra avventura al di là del risultato".

Tutto è iniziato dalla bici: Hope, un nome, un messaggio.

"Appena l’ho vista, ho pensato: è la bici dei miei sogni. Sono andata a studiarla a Londra, quando al progettista Sam Penders ho detto che l’avrei voluta per tentare il record si è commosso: ho avvertito subito l’empatia che cerco con chi mi sta attorno, prima vengono le persone poi i professionisti. E quelle che mi sono state accanto (i preparatori Coratella e Riceputi, il nutrizionista Perugini, i tecnici Smart e Quetri, ndr) hanno reso bello e piacevole il mio percorso".

Momenti difficili?

"Ho superato l’imbarazzo di lanciare un crowdfunding: dire che non hai abbastanza soldi non ti rende orgogliosa. Ma è stata anche una denuncia, il record dovrebbe essere accessibile a tutti".

Quanto costa provarci?

"Si parte da 50 mila euro, per fare una roba decente, senza diretta tv o streaming e allestimento del velodromo, come ho fatto io. Ho raccolto 12mila euro, poco più di quanto chiedessi, alla fine con gli sponsor (Febametal, Vitobello e banca Allianz) siamo riusciti a chiudere in pari. Non lo fai certo per soldi".

Che alternative propone?

"L’Uci potrebbe inserire i tentativi all’interno di altre competizioni: si risparmierebbe sui costi di velodromo, commissari e controlli antidoping. È considerato un evento privato, ma il record andrebbe trattato da vera disciplina".

Da azzurra ha corso a Mondiali e Europei, ma la Federazione italiana l’ha ignorata.

"Non è un segreto che la Fci non si sia mai mostrata interessata al mio record: non fa piacere allenarsi all’estero, non ricevere nemmeno una telefonata".

Quella è arrivata ora dalla Svizzera…

"Mi hanno cercato e adottata. Posso girare in pista e pensare a un lavoro: l’obiettivo è comunicare ai giovani che le due cose possono convivere".

Lei per il ciclismo ha lasciato la carriera accademica.

"Scelta coraggiosa, quasi una follia. Lo sport dà una direzione, ti porta fuori dai momenti difficili, come è stata per me la scomparsa di mio padre. Sognavo di fare la runner, poi mi sono data alla matematica: sarebbe stata una bella carriera, ma ciò che ho fatto mi resta".

In che senso?

"La matematica non la lasci mai, ti dà un metodo che applichi nella vita come nel record dell’ora. Durante la preparazione ho gestito in prima persona tutti i test sul campo, il lavoro su attrezzature e materiali è stato minuzioso".

Vittoria, prossima tappa?

"Vado avanti col mio gruppo e con la squadra che ho creato quando ho scelto il ciclismo (la BJ, dalle iniziali sue e del compagno Rocco Japicca, ndr), ho anche proposte interessanti nell’ambito della matematica: sceglierò quella che mi consentirà di avere la massima libertà".

Continua a leggere tutte le notizie di sport su