C’è Pogacar in Giro, è l’erede di Merckx: "Sfida bellissima, mi sento un po’ italiano"

Prima tappa da Venaria Reale a Torino passando per Superga: lo sloveno prova la doppietta con il Tour. L’Italia spera con Tiberi

di ANGELO COSTA -
4 maggio 2024
C’è Pogacar in Giro, è l’erede di Merckx: "Sfida bellissima, mi sento un po’ italiano"

C’è Pogacar in Giro, è l’erede di Merckx: "Sfida bellissima, mi sento un po’ italiano"

Il Giro che sta per cominciare non è già finito, ma rischia di avere poca storia. Succede quando in circolazione c’è il più forte di tutti, quello che sbrana le corse e agli altri lascia le briciole. Che intenzioni abbia Tadej Pogacar è noto dal giorno in cui ha annunciato il suo debutto sulle strade rosa: vincere e cominciare a costruire un’altra pagina leggendaria, perché poi andrà al Tour per inseguire una doppietta che manca dai tempi di Pantani, quando lo sloveno non era ancora nato.

Di Pogacar, della leggerezza e della facilità con cui sta segnando il ciclismo, si sa tutto e si è già scritto tutto: finiti aggettivi e superlativi, parlano i numeri. A 25 anni, alla sesta stagione da pro, il sorridente fenomeno ha già messo in bacheca 70 vittorie, con due Tour, tre Lombardia, due Liegi e un Fiandre: in pratica, ha vinto quanto Vingegaard nei grandi giri e quanto Van der Poel nelle grandi classiche. Fin qui in carriera ha corso cinque gare a tappe, chiudendole tutte sul podio (due vittorie e due secondi posti in Francia, terzo alla Vuelta a 19 anni da neopro): che il vero cannibale, Eddy Merckx, si riveda in lui, qualcosa vorrà dire.

Al Giro, Pogi si presenta per la prima volta, pur amando molto l’Italia (la pasta e la pizza in particolare) e avendo iniziato a gareggiare qui nelle categorie giovanili. È il favorito unico, l’uomo che alla sua fantastica galleria di primati potrebbe aggiungere quello di restare in rosa dal primo all’ultimo giorno: dei pochi a riuscirci, l’ultimo è stato Gianni Bugno, storia del secolo scorso pure questa. L’occasione gliela offre già oggi la prima tappa, che onora l’attuale re della bici scattando da una reggia: si va da Venaria Reale a Torino su un percorso da classiche, con l’ascesa a Superga nel 75° della tragedia del Torino, il colle della Maddalena e un ‘muro’ finale, l’ideale per chi ha gambe forti. Come Pogacar ha appena esibito alla Liegi, appunto.

"Il Giro mi ha sempre affascinato: ho sempre desiderato correrlo, in fondo anch’io mi sento un po’ italiano. So che ci sarà un gran tifo e che tutti si aspettano grandi cose da me. Correrò concentrandomi su un obiettivo alla volta, senza pensare di esser favorito, perché i rivali non mancano e li rispetto tutti", racconta Pogacar, annunciato da sette vittorie in dieci gare stagionali ("Ma questa è un’altra storia: in un grande giro nulla è scontato, per tre settimane devi essere forte, determinato, convinto e fortunato") e atteso anche domani a Oropa, dove Pantani vinse rimontando 49 avversari dopo un salto di catena. "Sono troppo giovane per ricordare Marco, anche se so quanto sia stato importante in Italia e non solo. Non amo i confronti col passato, per me conta affrontare sfide nuove: è bellissimo aggiornare la storia con nuove imprese, io spero di essere all’altezza della storia".

A offrire una storica occasione a Pogacar è un Giro che sembra fatto apposta per lanciarlo verso la doppietta col Tour: più morbido rispetto agli ultimi, con meno dislivello, tappe corte e, soprattutto, 72 decisivi chilometri a cronometro. A ipotecarlo, lo sloveno potrebbe impiegare una settimana, poi vivere di rendita. In assenza dell’ultimo vincitore, il suo connazionale Roglic, a rendergli la vita dura proveranno due veterani come il britannico Geraint Thomas, secondo un anno fa, e il francese Romain Bardet, più il talento belga Cian Uijtdebroeks, 21 anni, leader di quella Visma che lo scorso anno ha conquistato tutti e tre i grandi giri.

In questa ristretta congrega potrebbe infilarsi anche Antonio Tiberi, 22 anni, per il quale si è già scomodato l’impegnativo paragone con Nibali: insieme a Pippo Ganna, in cerca di gloria nelle tappe, è lui l’italiano più credibile di un ciclismo che propone nello stesso team il più vecchio (Domenico Pozzovivo, anni 41, che con diciotto giri eguaglia il record di Panizza) e il più giovane dei nostri talenti (Giulio Pellizzari, vent’anni) e aspetta segnali anche da Davide Piganzoli, pure lui ventunenne: tocca a loro decidere se il primo Giro di Pogacar possa avere più storia.

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