È un Giro d’Italia su misura per Vingegaard
Pogacar non ci sarà, il percorso è ideale per il danese che deve ancora accettare: si parte da Tirana, l’arrivo a Roma l’1 giugno
Con due mesi di ritardo sulla tabella di marcia causa intoppi diplomatici, ecco finalmente il Giro che il 9 maggio partirà dall’Albania. Moderno ed equilibrato, come va di moda dire, non certo la corsa più dura del mondo nel Paese più bello del mondo, secondo ripetuto slogan: come un anno fa si è scelto un percorso frizzante e al tempo stesso accogliente, per stuzzicare gli appetiti di chi, col Tour nel mirino, può far centro in Italia senza dannarsi troppo l’anima. Vedi alla voce Pogacar, padrone dal primo all’ultimo giorno in casa nostra prima di ripetersi in Francia con una storica doppietta.
Stavolta il marziano sloveno non ci sarà e non è una sorpresa: con la scorpacciata di classiche che lo attende in primavera, in maggio dovrà tirare il fiato in vista delle campagne successive (Francia, ma pure Vuelta e Mondiale). Al Giro spedirà il suo giovane scudiero Juan Ayuso, ambizioso talentone spagnolo che reclama spazio: avrà l’occasione per prenderselo. Sicuri anche l’altro sloveno Roglic, vincitore due anni fa all’ultima tappa, l’ecuadoriano Carapaz e il colombiano Bernal, pure loro già nell’albo d’oro, il francese Gaudu e il veterano spagnolo Landa, più Antonio Tiberi, unico ciclista presente alla vernice di ieri a Roma, che dei nostri è il nome più spendibile per la classifica. Ma l’obiettivo vero è avere al via l’altra superstar delle corse a tappe, Jonas Vingegaard, due vittorie e altrettanti secondi posti al Tour, mai visto sugli schermi rosa: incassando il sì del danese, che si presenterebbe scortato dal fenomenale compagno Van Aert, la corsa avrebbe ancora un favorito unico.
Per tentare l’illustre ospite è stato disegnato un percorso che dal 9 maggio all’1 giugno a Roma non si nega nulla, ma nemmeno lo estremizza: la giusta dose di crono nella prima parte (una in Albania nel cuore di Tirana, l’altra fra Lucca e Pisa, in tutto 42 chilometri), tre arrivi veri in salita (Tagliacozzo la prima settimana, Brentonico e Sestriere l’ultima), altre tappe in cui le montagne più dure (come San Pellegrino in Alpe e il Mortirolo dedicato a Pantani) sono però lontane dal traguardo. Non manca lo sterrato, ma in quantità limitata (una trentina di chilometri distribuiti in tre tratti fra Gubbio e Siena, gli otto che si arrampicano sul colle delle Finestre, scelto come cima Coppi), per non irritare chi non ama le escursioni nel fuoristrada, nè qualche finale esplosivo (Matera, Vicenza): se un anno fa sembrava il terreno giusto per Pogacar, qui il tracciato fa l’occhiolino a Vingegaard, considerato lo scalatore più forte in circolazione proprio dal suo grande rivale.
Sulla cartina è un Giro bello e possibile, nonostante il ritorno a un dislivello in linea col Tour (52mila metri, quasi diecimila in più rispetto all’ultima edizione), con tappe brevi e nervose che stimolano la sfida e, di conseguenza, favoriscono lo spettacolo, ammesso che ci sia chi è in grado di farlo: a Vingegaard, nel caso, decidere se correrlo da dominatore come Pogacar o provare a vincerlo col giusto gas in vista della missione in Francia. Nell’attesa del primattore che non c’è, manca anche lo sponsor principale sulla maglia della corsa: trattative sono in corso, al momento c’è distanza fra richiesta e offerte. Di qui a maggio, per trovare il nome della rosa, c’è ancora tempo.
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