Il Tour d’Italia parte già come una classica

Pogacar grande favorito anche se reduce dal Covid, incognita Vingegaard dopo la terribile caduta. Anche Bettiol per la prima gialla

di ANGELO COSTA -
29 giugno 2024
Il Tour d’Italia parte già come una classica

Il Tour d’Italia parte già come una classica

"Mai stato così bene in bici, mi sento meglio che al Giro", è il messaggio che Tadej Pogacar spedisce ai rivali. A cominciare da Jonas Vingegaard, che negli ultimi tre mesi non se l’è passata benissimo: dopo essersi frantumato un po’ di costole e bucato un polmone in una caduta a inizio aprile, il danese è stato costretto a una corsa contro il tempo per esser presente sulle strade gialle. "Esser qui è già una vittoria", è invece il pensiero del vincitore delle ultime due edizioni.

Il Tour è questo: comincia prima che si inizi a pedalare, a livello di guerriglia psicologica. Colpi di spillo, che i big hanno imparato a farsi scivolare addosso: fra loro prevale più il fair play che la rivalità piccante. Da oggi si farà sul serio, con la tappa inaugurale più tosta di sempre: su e giù per l’Appennino tra Firenze a Rimini c’è un dislivello da grande classica, per non dire da tappone alpino. Magari non servirà a scavare subito distacchi importanti in classifica, ma potrebbe lasciare indietro chi non si farà trovare pronto.

Non è un avvio come gli altri, è una giornata che chiama già allo scoperto i grossi calibri e qui ci sono tutti: per la prima volta i favolosi sei del ciclismo attuale (Pogacar e Vingegaard, naturalmente, ma anche Roglic ed Evenepoel, che si candidano al successo finale, Van Aert e l’iridato Van der Poel, entrambi a caccia di tappe) sono al via della corsa che conta di più. Facile che la prima maglia gialla esca da questo ristretto gruppo, ma ad approfittare delle inevitabili rivalità sono pronti altri: Simon Yates e l’ex iridato Mads Pedersen, ad esempio, e pure il nostro Alberto Bettiol, fresco di tricolore vinto con una gamba che su un percorso come quello che dalla Toscana porta alla Romagna può rivelarsi competitiva.

Al netto di quel che può succedere oggi e domani fra la Riviera e San Luca, dove ci si attende l’assalto della grande folla, il Tour non si sposta dal tema centrale: il duello fra Pogacar e Vingegaard, due successi a testa negli ultimi quattro anni. Causa i guai fisici del danese, il pronostico pende più dalla parte dello sloveno, spinto dall’idea di fare la doppietta in Francia dopo aver dominato il Giro. Ma pensare che il campione uscente si presenti in versione dimessa è un errore: se è qui è proprio perché sa di esser competitivo. "E’ in gran forma, altrimenti non sarebbe venuto", è anche il pensiero di Pogacar, dicendosi felice di ritrovare il rivale. In attesa di stuzzicarlo: non ci sarebbe da stupirsi se ne misurasse la febbre fin da subito sui colli romagnoli, tanto per vedere l’effetto che fa.

Di febbre non ha parlato Pogacar citando l’unico contrattempo di questa sua straordinaria annata in cui finora ha centrato tutti gli obiettivi: dopo il Giro è stato colpito per la seconda volta dal covid, peraltro smaltito in un giorno. Virus che ha colpito anche una delle guardie scelte della sua incredibile armata, il talento spagnolo Ayuso, presente dopo esser stato in dubbio. Quanto al suo avversario invisibile, il caldo torrido che a Firenze sta dando i primi segnali, lo sloveno mostra serenità: "Mi sto adattando sempre meglio di anno in anno".

"Senza gli intoppi che ho avuto, potrei dire che punto alla vittoria finale: se sarà possibile ugualmente, lo capirò strada facendo", è invece il pensiero di Vingegaard, scortato da una Visma incerottata (anche Laporte e soprattutto Van Aert sono reduci da incidenti) e già al centro di polemiche per aver annunciato la presenza di una control room dove analizzare in tempo reale i dati dei corridori: un aiuto ai tecnici che non è consentito, ma più che una violazione al regolamento ha l’aria di una mossa pubblicitaria per far parlar di sè. In attesa che possa farlo Vingegaard.

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