Lo spartito c’era, ma show assente Corsa anacronistica

di ANGELO -
29 maggio 2023

Angelo

Costa

Giro ristretto. Inutile girarci intorno: cronoscalata di monte Lussari a parte, è mancato lo spettacolo. Lo spartito, bello e stuzzicante, c’era: peccato l’interpretazione. Deluso chi si aspettava la doverosa dose di agonismo: in sei tapponi, appena tre scattini, neppure indimenticabili. Calpestate le tre giornate più significative: quella svizzera dall’insensata protesta dei ciclisti per il maltempo, quelle legate ai nomi di Pantani e Coppi dalla scarsa combattività. Così la corsa più dura del mondo nel Paese più bello del mondo si è ridotta al solo Paese e a una sola tappa vera, l’ultima: una miseria.

Giro povero, con vincitore degno: alla vigilia Roglic, per quanto meno sbandierato dell’iridato Evenepoel, era il candidato più credibile. Per esperienza e abitudine alle pendenze, aveva qualcosa più degli altri. L’ha dimostrato, senza strafare: in tre settimane di corsa a braccetto e senza imprese, non è stato il più forte, ma il più bravo.

Giro anche in controtendenza: nel ciclismo che si sta godendo la generazione Z dei ventenni, qui la ribalta se la prendono ancora i più stagionati. Roglic, prossimo ai 34 anni, regola in extremis Thomas, che ne ha 37, mentre il migliore dei nostri, il bravissimo Caruso viaggia verso i 36. Maturo e anacronistico, è un Giro col braccino, interpretato con prudenza e paura dei propri limiti. Ben altra filosofia spinge i baby fenomeni del momento, che in Italia, a parte la comparsata di Evenepoel, purtroppo continuano a non vedersi: quelli se le suonano senza far calcoli, come non ci fosse un domani, regalando spettacoli di memorabile bellezza. Di questo Giro resta poco di memorabile, come nelle recite che dopo aver promesso divertimento finiscono per annoiare: altro che aria di Rinascimento, qui si è respirata soltanto l’atmosfera del Medioevo.

Continua a leggere tutte le notizie di sport su