One man show, Pogacar sempre più in alto: "Merito della squadra, io non volevo vincere"
Anche a Prato di Tivo lo sloveno domina: "Ho fatto scegliere la strategia ai compagni, durante la crono si erano riposati"
Per iniziare bene la marcia di avvicinamento al Tour, Pogacar non perde il vizietto: dopo la crono, vince ancora in salita, a Prato di Tivo, stavolta in uno sprint per pochi intimi. E’ il terzo centro in otto tappe dello sloveno, oltre che il preludio a un altro possibile record: se raccoglie il massimo col minimo sforzo, il conto è destinato ad aggiornarsi.
Blindata in fretta la classifica del Giro, ormai ristretta agli altri piazzamenti, Pogacar continua a fare un altro sport: sull’arrampicata finale, più che pedalare sembra giocare con la bici. E’ disarmante vederlo tamponare con tre pedalate i coraggiosi tentativi di attacco dei rivali, è quasi scontato che castighi tutti nei 200 metri finali: portarlo fin lì è come sanguinare davanti a uno squalo. Sono le uniche energie che il divino fenomeno spreca nell’intera giornata, perché per l’intera tappa si limita a controllare: che gliene bastino pochissime per fare ancora centro spiega la differenza fra lui e il resto della compagnia.
A sentir Pogacar, stavolta è tutta colpa dei compagni. "Nella crono si sono riposati, così ho lasciato loro la scelta sulla strategia da adottare: siccome mi hanno risposto di star bene e mi hanno chiesto di vincere la tappa, non mi sono fatto pregare", spiega il cannibale che va sempre di corsa, anche quando si trova un microfono davanti. Fin qui le interviste gli sono sembrate il lato meno eccitante del Giro, perché riceve "sempre le solite domande": in effetti, si spiega benissimo già in corsa.
Con un alieno in Giro, non resta che solidarizzare con gli avversari, veri o presunti: non è colpa loro che Pogacar sia di un’altra categoria. Per molti è già un ottimo risultato restare fino al traguardo insieme allo sloveno, qualcuno prova persino a infastidirlo: bello che uno di questi sia la nostra speranza giovane, Antonio Tiberi. Per ben due volte, a 1.800 e a 1.200 metri dall’arrivo, stuzzica il conducente: come non detto. "Mi aspettavo che attaccasse lui, così alla fine ci ho provato io, ma Pogacar è il migliore", la sintesi del ciociaro, che alla fine incassa i complimenti dello sloveno ("Ha avuto palle") e può sorridere perché continua a risalire in classifica. Dove, pur leggermente, continua anche a dilatarsi il solco fra chi comanda e chi è alle sue spalle: succede nel giorno in cui il padrone non fa la voce grossa, figuriamoci cosa accadrà quando tornerà a svegliarsi con la voglia di alzarla.
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