Pogacar, altro show: torna in giallo. Sul Galibier un colpo da padrone

Tour de France, lo sloveno stacca tutti e si invola: Vingegaard, Roglic ed Evenepoel a più di mezzo minuto

di ANGELO COSTA -
3 luglio 2024
Pogacar, altro show: torna in giallo. Sul Galibier un colpo da padrone

Pogacar, altro show: torna in giallo. Sul Galibier un colpo da padrone

Giusto il tempo di mettere piede in Francia e Tadej Pogacar lascia la sua enorme impronta sul Tour: stacca tutti sul Galibier, vince la tappa, si riprende la maglia gialla e, fra distacchi e abbuoni, spedisce già a debita distanza i suoi rivali. Dopo appena quattro giorni di corsa non è un colpo da kappao, ma è un pugno che fa decisamente male: anche e soprattutto a livello psicologico.

"Per i distacchi bisognerà attendere il Galibier", aveva fatto sapere lo sloveno al via da Firenze: detto, fatto. E’ proprio sul mitico colle alpino che Pogacar decide di far giornata, un po’ per mandare un segnale, un po’ per capire come stiano gli altri. Con uno spartito ben noto: prima cuoce i rivali con la squadra, poi si scatena nei 900 metri finali di salita. Il resto lo fa in discesa, dove con ferocia dilata i 10 secondi guadagnati in cima, perché anche buttarsi in picchiata è un’arte e pure lì è il più bravo di tutti. "E’ andato tutto secondo i piani, non volevo partire troppo presto perché c’era vento forte: una tappa da sogno", dice lo sloveno, già a 15 successi stagionali.

Con Pogacar che fa il Pogacar, il Tour prende una piega precisa: i sette più vicini a lui in classifica ballano fra i 45 e i 90 secondi, gli altri sono già fuori dalla porta, a quasi tre minuti e mezzo, a cominciare da Ciccone bravo a difendersi finché può. Tra quelli che si sfilano dalla zona nobile della corsa i più noti sono Bernal, Simon Yates, Mas e soprattutto Carapaz, che dalla gioia di aver finalmente vestito la maglia gialla passa subito all’amarezza di andare alla deriva. Si consoli, l’ecuadoriano: è in buona compagnia.

Davanti a tanto Pogacar, ai più bravi non resta che difendersi. Lo fanno al meglio Vingegaard, che paga l’esplosività dello sloveno in cima alla montagna, e ancor di più Evenepoel, che soffre solo quando c’è da scendere e non quando si sale. Un po’ meno bene Roglic ed è un secondo indizio dopo le incertezze sul San Luca: l’altro sloveno barcolla ancora, ma al momento non molla.

Tutti dietro Pogacar, che rispetto ad altri Tour ha comunque invertito una tendenza: adesso la squadra più forte ce l’ha lui. Meglio dire spaziale: se a fare il ritmo sono Adam Yates e Almeida, primo e secondo al recente Giro di Svizzera, e il talento Ayuso, che quando si mette davanti manda tutti fuorigiri, le salite diventano un inferno.

Per conferma, chiedere ai vari Vlasov e Hindley, aiutanti di Roglic, e pure Jorgenson, che assiste Vingegaard, tutti spariti presto dai radar. Se poi a completare l’opera c’è un Pogacar indiavolato, uscirne senza troppi danni è quasi un successo.

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