Pogacar show, le mani sul Tour. Trionfo bis da padrone sui Pirenei. Vingegaard è a più di tre minuti
A Plateau de Beille lo sloveno fa di nuovo il vuoto e ipoteca già il successo alla Grande Boucle. Sulla salita che lanciò Pantani nel 1998, un’altra prova di forza. Italia, cento tappe senza vittoria.

Trionfo bis da padrone sui Pirenei. Vingegaard è a più di tre minuti
Non solo imbattibile: al momento, Tadej Pogacar è inavvicinabile. Che non ci sia nessuno in grado di star con lui lo ribadisce dominando anche il secondo tappone pirenaico: con questo spietato uno-due manda definitivamente ko l’ultimo rivale rimasto, Vingegaard, e fa il passo decisivo verso la doppietta Giro-Tour, uno degli obiettivi di questa sua magica stagione.
Caso vuole che Pogacar si avvicini alla storica accoppiata di Pantani proprio a Plateau de Beille, la salita sulla quale il romagnolo iniziò a costruire la sua impresa in Francia. Non è un caso, invece, che lo sloveno gli porti via un primato che resisteva dal 1998, polverizzandolo: rispetto al Panta, il fenomeno dei giorni nostri impiega quasi 4 minuti in meno per scalare questa montagna. Di tanti record, è soltanto l’ultimo.
Meraviglioso Pogacar: con lui non ci annoia mai. Come il giorno precedente, lo show dello sloveno inizia negli ultimi 5 chilometri e mezzo di salita: nei dieci precedenti Vingegaard si era diviso il lavoro con lo straordinario Jorgenson, tenendo il ritmo alto per cuocere i rivali più di quanto non stesse facendo il caldo. Al primo segno di fatica del danese, Pogacar cambia marcia: da inedito e perfetto attendista si trasforma nell’abituale e feroce predatore. E’ un duro colpo su gambe e pensieri di Vingegaard, che all’improvviso avverte in tutto il suo peso il mese trascorso a recuperare dall’incidente e non ad allenarsi, è il pugno sul tavolo col quale l’alieno vestito di giallo segnala all’intero Tour che la corsa è finita e si può andare in pace.
"Non avrei mai immaginato di essere a questo punto dopo due settimane di gara. E’ stata una giornata incredibile e dura: di solito vado peggio col caldo, ma mi sono sempre idratato e rinfrescato, così non mi sono preoccupato per come la Visma affrontava forte le salite. Quando Vingegaard ha spinto ero quasi al limite, ma ho visto che anche lui stava cedendo e ho trovato la forza mentale di attaccarlo. Ora ho un vantaggio molto buono per affrontare l’ultima settimana", racconta Pogacar, avviandosi al secondo giorno di riposo con tre vittorie di tappa, quattordici in totale per restare al solo Tour. Nel bilancio generale, salito a 80 successi, una buona fetta di trionfi sono arrivati quest’anno: la Strade Bianche, la Liegi, il Giro d’Italia con sei tappe sono lì a spiegare come lo sloveno pedali in una dimensione tutta sua, decisamente superiore alla concorrenza.
Di fronte a tanta superiorità, c’è poco da distribuire bocciature: per quanto ridimensionati, gli altri non possono esser delusi. Non Vingegaard, che ha il merito di aver provato a ribaltare un destino segnato pur non essendo al top. Non Evenepoel, che da debuttante resta aggrappato al podio con grinta e voglia di misurarsi. Volendo, non esce con le ossa rotte nemmeno Ciccone, tra i primi a sfilarsi quando il ritmo diventa infernale: sarà anche ottavo a un quarto d’ora dalla maglia gialla, ma non è che stia molto meglio il quarto, coi suoi dieci minuti sul groppone.
Sta invece peggio il ciclismo italiano, che taglia un traguardo poco onorevole: adesso le tappe al Tour senza vittoria sono cento. Non avremo un Pogacar, ma a modo nostro siamo inavvicinabili.
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