Pogacar, un tranquillo weekend di vittoria

Tadej fa il cannibale: con il Tour in tasca firma il quinto successo di tappa. Vingegaard bruciato nel finale, ma blinda il secondo posto .

di ANGELO COSTA -
21 luglio 2024
Pogacar, un tranquillo weekend di vittoria

Pogacar, un tranquillo weekend di vittoria

"Una giornata in ufficio", è lo slang americano con cui Tadej Pogacar annuncia di voler passare un sabato in relax prima della crono finale in Costa Azzurra. Ma se sulla scrivania gli metti un vassoio di pasticcini, è chiaro che lo ingolosisci: spettatore del duello Vingegaard-Evenepoel sull’ultima di quattro salite, lo sloveno finisce per restare nel chilometro finale da solo col danese. Come portare uno squalo davanti alla sede dell’Avis: non c’è storia, quinto successo di tappa del padrone in giallo, il sedicesimo al Tour.

Ormai è chiaro: non è indole di Pogacar lasciar qualcosa agli altri. A Vingegaard resta la soddisfazione di aver seminato Evenepoel e blindato il secondo posto in classifica: con quel che gli è capitato in aprile, un’impresona. "Ho spinto forte pur sapendo che, se fossimo arrivati allo sprint, non avrei avuto chance. Non devo rimproverarmi nulla, nè Tadej ha qualcosa da rimproverarsi", l’omaggio del danese al numero uno del Tour.

Da numero uno, ovviamente anche Pogacar ha le sue belle invidie: c’è chi lo guarda con sospetto, ritenendo che non sia normale quanto e come vince, e c’è chi, addirittura fra gli ex ciclisti, lo ritiene troppo ingordo, come se esistesse un codice di comportamento in cui il più forte deve dimostrare di esserlo in dosi omeopatiche. Sui dubbi, libero ognuno di averne: per sostenerli, meglio dotarsi di prove certe. Ultimo esempio, le inalazioni di monossido di carbonio, pratica diffusa in più squadre: è ammessa dai regolamenti, fine del dibattito. Se questo basta per rovinarsi lo spettacolo, si può sempre cambiar canale.

Quanto all’insaziabilità di Pogacar, fa parte del corredo: sono rari nello sport i fuoriclasse che, davanti alla possibilità di vincere, tirano i freni. Con la sua voracità, a nemmeno 26 anni l’ex bimbo sloveno si è costruito una bacheca straordinaria, ma ancor più straordinarie sono le percentuali: già impressiona che abbia vinto sei classiche monumento sulle 14 disputate, ma è ancor più clamoroso che abbia centrato quattro grandi giri su 7, senza mai scendere dal podio.

Da oggi sarà l’ottavo di sempre a fare la doppietta Giro-Tour, dopo Coppi (due volte), Anquetil, Merckx (tre), Hinault (due), Roche, Indurain (due) e Pantani, l’ultimo a riuscirci a fine secolo scorso. Lo farà dopo aver vinto più di un quarto delle tappe (undici fra Italia e Francia) e vestito quasi tutte le maglie rosa e gialle: siamo a 38, in attesa dell’ultima di oggi, comunque già una più di Merckx, che si fermò a 37. E non è detto che oggi a Nizza, nella crono modellata su colli da rally come Turinì e Turbìe, non aggiorni il conto. "Sarebbe il massimo finire con una vittoria, prima di affiancare le leggende", fa sapere Pogacar, come se già lui non lo fosse. Vincere: è questa la sua vera giornata in ufficio.

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