Ciclismo, Uran dopo il ritiro: "Sogno di diventare un calciatore"

A sorpresa il colombiano si immagina una carriera da professionista nel pallone. E sul Giro d'Italia 2014: "Non ho risentimento verso Quintana: è stato più bravo di me a sfruttare le occasioni"

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
16 ottobre 2024
Rigoberto Uran (Ansa)

Rigoberto Uran (Ansa)

Roma, 16 ottobre 2024 – Tra i tanti corridori che appenderanno la bici al chiodo a fine stagione c'è Rigoberto Uran, che come molti suoi colleghi sta già pensando a cosa fare da 'grande'. Di norma si resta nel medesimo mondo, cambiando vesti e magari salendo sull'ammiraglia, ma il quasi ex atleta dell'EF Education-EasyPost è notoriamente sui generis e lo conferma dichiarando il suo sogno nel cassetto: diventare un calciatore professionista.

I dettagli

Intercettato dai microfoni del giornale El Colombiano, Uran ha spiegato subito le sue reali intenzioni, che dunque esulano dall'ambito dei rimorsi della vita a dispetto di una carta d'identità che sembra suggerire altro. "Mi dedicherò al calcio a livello professionistico: è un mio sogno da sempre e voglio provarci per vedere cosa succederà. So che non è una cosa che accade spesso, ma non ho nulla da perdere e poi mi piace provare cose nuove". In effetti, diventare un calciatore a quasi 38 anni, quando quindi gran parte dei calciatori appende gli scarpini al chiodo, non è proprio una consuetudine. Così come non lo è passare da un mondo all'altro, anche se esistono delle eccezioni: da Remco Evenepoel, ex promessa del Belgio a livello giovanile, con tanto di gol segnato contro l'Italia, a Merijn Zeeman, ex direttore sportivo della Visma-Lease a Bike e ora promesso sposo dei quadri dirigenziali dell'AZ Alkmaar. Poi c'è Uran, che tra un sogno e l'altro torna alla sua carriera da ciclista, forse ricca più di rimpianti che di allori: su tutti spicca il Giro d'Italia 2014, andato a Nairo Quintana anche a causa di un attacco in discesa di quest'ultimo nel momento in cui la corsa sembrava quasi sospesa per le avverse condizioni meteo. "Io credo che tutti debbano sfruttare le occasioni che si presentano. Ho molta fiducia nel prossimo, perché credo che tutti si comportano come farei io. Ma la verità - continua Uran, che in quella Corsa Rosa si piazzò secondo - è che quando si gareggia non puoi aspettarti tutto questo rispetto: devi invece temere ogni insidia finché non tagli il traguardo". Dunque, anche un attacco ai limiti del fair play da parte di un connazionale. "Non incolpo Nairo, perché la corsa è corsa. La verità è che in quel Giro d'Italia ci fu un errore organizzativo e lui è stato più bravo e furbo di me a cogliere al massimo quell'occasione. Ecco perché non ho problemi a parlarne". In effetti, il distacco tra i due colombiani nella classifica generale di ormai un decennio fa ammontava a quasi 3': forse troppo per dare le colpe solo a quel famigerato attacco sui generis, proprio come lo è Uran, che commenta anche la nuova leva di corridori-fenomeni. "Penso che per loro sarà impossibile restare competitivi a lungo. Questi ragazzi cominciano prestissimo ad allenarsi duramente e a fare sacrifici anche a livello di alimentazione. Sarebbe bello vederli sul pezzo per molti anni, ma temo che non sarà così".

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