I tabù del bis olimpico e del volley

I nostri campioni che hanno vinto l’oro a Tokyo stanno mancando il bis, tranne forse Tita e Banti: e intanto anche stavolta la pallavolo maschile da campione del mondo in carica fallisce l’assalto ai Giochi

di Redazione Sport
7 agosto 2024
cafè Paris

Cafè Paris

Caro Doriano, comincio a sospettare che, salvo miracoli in extremis, le quaranta medaglie di Tokyo ce le possiamo scordare. Mi auguro di sbagliare, anche per il mio amico Malagò: dubito che alla fine dei Giochi il governo farà una leggina per consentirne la rielezione… Ma lasciamo stare, le faccende di Palazzo a me interessano marginalmente. Piuttosto, aveva davvero ragione il mio insegnante di educazione fisica. Era un mezzo trombone, ma ogni tanto qualcuno ne azzeccava. Infatti ci diceva sempre, prima di una partita di calcio del torneo scolastico: ricordatevi che se vincere è difficile rivincere è più difficile. Qui a Parigi l’elenco dei bis non concessi si va allungando. Con la sola eccezione dei velisti Ruggero Tita e Caterina Banti: oggi dovrebbero essere ingoiati dalla Balena di Pinocchio, per perdere. Ma Jacobs sui 100? E Stano e Palmisano nella marcia? E Vito Dell’Aquila nel taekwondo? E Ganna e i suoi compagni nell’inseguimento a squadre su pista? Naturalmente, sono storie distinte e distanti tra loro. In ognuno dei casi cui sto facendo riferimento certo non è mancato l’impegno. Non è in discussione la serietà dei personaggi coinvolti, la loro dedizione alla causa. Però sono stati spodestati. E se vogliamo questo è anche un messaggio. Un invito ad apprezzare di più l’impresa, quando il destino è favorevole. Perché poi il tempo passa, la luce della gloria si opacizza e persino la memoria, ingiustamente, tende a sbiadire. Ho scritto queste povere righe a mo’ di terapia. Quasi come consolazione reciproca, visto che entrambi adoriamo la pallavolo maschile. In effetti, per gli azzurri del volley il problema del bis non si pone. È andata male pure stavolta, come inesorabilmente accade dal 1992. Quattro volte ai Giochi da campioni del mondo in carica, ori zero. Se non è un record, poco ci manca.

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Caro Leo, 

subito dopo averci buttato fuori con tanti meriti diretti, Andrea Giani ha detto una cosa di cui è sicuramente esperto: fare il bis è talmente difficile, che sotto rete alle Olimpiadi ci sono riusciti soltanto gli Stati Uniti tra il 1984 e il 1988.

Ha ragione, e dire che lui di bis ne ha fatti tanti tra club e nazionale. Ma anche a lui, come a tutta la generazione dei Fenomeni, manca quell’oro olimpico. Ha vinto due argenti, sabato si giocherà la finalissima contro la Polonia e non parte favorito, ma chissà, spero davvero che riesca a completare il suo inseguimento alla personalissima balena bianca (non quella di Tita e Banti), perché se lo merita prima di tutto come persona.

Ha fatto anche un altro discorso, il Giangio, mentre gli facevamo notare che vederlo con quella scritta France sulla maglietta faceva male agli occhi e al cuore: “Io sono un espatriato che si deve portare la famiglia all’estero perché nel nostro paese non mi permettono di allenare un club e una nazionale straniera, come invece possono fare i tecnici della femminile come Santarelli”. 

Santarelli è l’allenatore che ha portato Conegliano a battere record storici, ha guidato la Serbia al titolo mondiale e la Turchia a quello europeo.

Sarebbe anche stato il ct dopo Mazzanti, se la Fipav non fosse contraria al doppio incarico. Il veto a cui fa riferimento Giani invece è della Lega maschile: i tecnici che guidano nazionali straniere sono tenuti a pagare una penale, regola il cui senso mi sfugge.

Poi il Giangio ha sparato alto sopra il muro invocando addirittura l’intervento del presidente Mattarella, sul tema, ma in linea generale non ha tutti i torti.

Lo so che questo non c’entra con il tema del bis mancato. Però un po’ forse sì. Perché in tanti sport esportiamo allenatori, non solo nel volley. E questo si traduce spesso nella crescita degli avversari: in Italia Clevenot ha giocato in diversi club ed era sempre un pallavolista normale, stavolta ci ha devastato. Non è il primo caso di giocatore che viene in Italia e se ne riparte avendo imparato l’arte di fregarci.

Diciamo che se fossimo capaci di tutelare meglio le nostre ricchezze in termini di competenze, forse fare il bis sarebbe più facile.

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