Nadia e Alice, la medaglia più bella
La giornata trionfale ci ha fatto avvicina a 40 medaglie, ma queste saranno comunque le migliori olimpiadi per l’Italia. Dalla splendida Battocletti alla D’Amato, qual è la più più importante?
Caro Doriano, te lo scrivo qui e ora, senza nemmeno aspettare lo spegnimento della fiamma. Questa è stata la migliore Olimpiade italiana di sempre. Anche se non dovessimo eguagliare le mitiche 40 medaglie di Tokyo. Tu sai che io detesto la contabilità spicciola, ma gli ori sono già di più. E se vogliamo sviluppare un ragionamento vagamente più ampio, la…dote di oltre venti quarti posti, un record assoluto, non è soltanto una testimonianza statistica, per quanto irritante. A parte il fatto che con un pizzico di fortuna in più (conta anche quella, così come contano certi imbrogli di giurie) avremmo incamerato almeno una decina di bronzi in più, beh, tanti piazzamenti ai piedi del podio segnalano una competitività di fondo. Se ti dispiace aver fallito di un niente l’obiettivo, significa che sei nei paraggi del vertice. In tante discipline. E questo è importante. Per quanto riguarda la qualità delle imprese azzurre, per me l’oro più bello in realtà è …un argento. Non sto scherzando, sono serissimo. Vedere Nadia Battocletti sfiorare il trionfo sui diecimila non ha prezzo. Stavo allo stadio e quasi non credevo ai miei occhi. In mezzo a tante levriere africane, c’era una gazzella azzurra. Così brava che se avesse avuto a disposizione dieci metri in più avrebbe addirittura battuto persino la keniana. È quella firmata da Nadia l’opera d’arte più bella esposta nel simbolico Louvre del CONI. E tu cosa scegli, senza scomodare le medaglie che ancora possono (debbono!) arrivare? Fammi sapere.
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Caro Leo,
è una bella domanda. In effetti sono d’accordo con te, anche se un nostro amico comune che se ne è andato troppo presto, Giuseppe Brusi, era solito dire che tra vincere e perdere la differenza è più del doppio: devo dire che vedere da vicino le Olimpiadi mi ha fatto capire quanto sia alto il livello generale. E’ vero che ci sono anche degli...imbucati, atleti che non otterrebbero mai il permesso di gareggiare contro campioni assoluti se non fosse per l’universalità inclusiva dell’evento olimpico.
Però in assoluto ho capito da vicino perché le medaglie olimpiche hanno un valore superiore: veramente, al netto di boicottaggi o altri interventi ‘esterni’, ai Giochi ti confronti con tutti i migliori.
Magari fossero così bravi anche tutti gli arbitri: ma questo ci porta lontano, al rovescio della medaglia dell’allargamento planetario dell’evento. Cosa che porta su palcoscenici superiori ai loro mezzi fischietti o giudici che magari decidono l’assegnazione di una medaglia.
Non mi stupisco che il volley abbia scelto il nostro Stefano Cesare per dirigere la finale per l’oro maschile: lo ha spiegato lui stesso in un’intervista video che abbiamo pubblicato in questi giorni, gli arbitri italiani all’estero sono molto stimati, fin dai tempi del nostro ex collega Umberto Suprani e del mio amico Simone Santi (pensa, ci fece conoscere senza volerlo il povero Vigor Bovolenta, ma questa è un’altra storia).
Non sto prendendo tempo, arrivo a risponderti.
L’argento della Battocletti è qualcosa di unico. La risposta più ovvia da parte mia sarebbe quella di dirti che, di qualunque colore sarà, la medaglia dell’Italvolley femminile sarà particolarmente pregiata anche a livello di cultura sportiva. Avremo modo di raccontarlo bene: la nazionale di Velasco è uno splendido laboratorio di integrazione, sai quanto bene farebbe ad un’idea di società aperta, tollerante ed inclusiva che anche tu condividi sicuramente, un successo di Paola Egonu e Sarah Fahr?
Se invece vuoi che mi esprima su quelle già ottenute, devo dirti che al di là delle prodezze sportive, le vicende che mi toccano sono sempre quelle che hanno un risvolto umano particolare. E quindi ti citerei Alice Bellandi, per lo stesso motivo dell’Italvolley, può aiutarci a fare un salto culturale; dico Silvana Stanco, perché dopo aver fatto 0 (zero) piattelli alla prima gara della sua vita ed essere stata lasciata a casa da Rio quando aveva preso la carta per la nazione, ha dimostrato che alla lunga i caparbi qualcosa ottengono, basta solo aspettare.
Ma soprattutto mi ha molto colpito la medaglia di Alice D’Amato. Perché ho visto la simbiosi reale che ha con la sorella, e la dedica ad Asia e al padre scomparso mi ha fatto un certo effetto. Senza alcuna retorica.
In America dicono: come si fa a non essere romantici con il baseball?
Credo proprio che lo stesso discorso si applichi al fantastico intreccio di vite che le Olimpiadi rappresentano.
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