Rosolino, la sfida della riconferma alle Olimpiadi. "Paltrinieri deve trovare le energie. Ceccon ok, ma che concorrenza”
L’eroe di Sydney 2000 racconta la sua esperienza olimpica e il peso delle aspettative. Parla delle sfide degli atleti italiani a Tokyo e delle speranze per Parigi, riflettendo sull'importanza di trasformare le sconfitte in opportunità nella vita post-sportiva
"Io l’ho chiamata ‘la punizione’, se avessi potuto avrei barattato la vittoria ad Atene con la fine della mia carriera". La fame dei vent’anni di Massimiliano Rosolino, l’eroe azzurro di Sydney 2000. Il nuotatore che ha conosciuto la gloria di tre medaglie olimpiche in una sola edizione (oro nei 200 misti con record olimpico, argento e primato europeo nei 400 stile, e bronzo nei 200), per poi trovarsi, 4 anni dopo ad Atene ’solo’ a sfiorare la finale nella gara che lo vedeva tra i favoriti. Lui, il nuotatore che per primo ha abbattuto il muro fra la piscina e tv.
Lei ha provato sulla sua pelle, quanto è dura riconfermarsi campioni con addosso il peso di una nazione che tifa per te?
"Da un lato c’è una specie di trampolino, c’è la voglia di fare le cose in grande. A volte c’è la paura del fallimento, è la regola del gioco ad alti livelli. È qualcosa di particolare, che proveranno anche Tamberi e Jacobs. Quest’anno abbiamo Martinenghi che ha vinto medaglie, per lui è arrivato momento di fare all in mentre la concorrenza avanza".
Quanto fu dura per lei?
"Molto, ma grazie a quella delusione ho continuato a nuotare una vita. Ad Atene ho sognato di battere Thorpe, avere paura di perdere è una brutta bestia, ma col tempo ho capito che la forza di un atleta può anche essere trasformare la sconfitta in un meraviglioso domani. Lo sport deve trascinare le persone al sogno, senza per forza essere i primi della classe".
Quest’anno chi paga il dazio delle grandi aspettative?
"Paltrinieri è il più forte e potrebbe anche non temere nessuno. Ma deve arrivare in finale con le energie giuste. Tanti gli atleti che sono cresciuti intorno a lui. Ma c’è anche Thomas Ceccon (argento nella staffetta 4x100 m e il bronzo nella 4x100 m misti a Tokyo, ndr). È il primatista del mondo, ma la concorrenza è grande. Lui e Greg proveranno due podi a testa, mi auguro possano riuscirci".
Tra i più giovani chi ha il compito di stupirci?
"L’Olimpiade è un po’ fetente. Perché i non addetti ai lavori pensano solo alla medaglia. Ma c’è tanto da giocare col cronometro in fatto di aspettative e risultati. Potrà fare bene, dopo l’amaro in bocca di Tokyo, Benedetta Pilato (100 rana e 4x100 misti, ndr). Ai Giochi poi mi è capitato spesso di vedere degli outsider sul podio, perciò mi auguro che Alberto Razzetti possa andare a medaglia. Tra gli enfant prodige c’è anche Sara Curtis, una velocista notevole, fortissima dopo europei Juniores. Raggiungere una finale si può".
Per lei i Giochi furono un trampolino di lancio verso la popolarità. Fu il primo italiano a fare televisione…
"Prima del duemila il nuoto è sempre stato amato, ma molto di nicchia, mi piace pensare che la tv lo abbia aperto al grande pubblico. A suo tempo c’era un aneddoto che girava: chi incontrava Rosolino in Autogrill gli faceva la domanda: Ma è lei il ragazzo che balla in tv?".
È difficile rifarsi una carriera dopo il ritiro per un nuotatore?
"Dipende quali sono le tue aspettative. I soldi si portano a casa: in Italia per fortuna ci sono tante squadre e gruppi sportivi dove approdare quando finisce la magia. Per questo bisogna provare a far diventare anche i giorni ’no’ una opportunità, senza aver paura di sbagliare. Vuol dire fare un 1.500 senza temere di perdere, oppure presentarsi a una trasmissione di ballo senza aspettative, poi magari
comincia una nuova vita da lì, come è successo a me".A Parigi farà un salto?
"Sì, con mia figlia, che nuota e ha tanta voglia di respirare lo spirito a cinque cerchi. Io e lei, assieme ai giochi, dove si vede il migliore piangere e il ragazzo, che arriva dal paese sconosciuto, sostenuto da migliaia di persone".
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