Julio Velasco, la sfida infinita. La filosofia, l’Iran e quella telefonata di Guardiola
Una carriera inimitabile, sempre sperimentando e mettendosi alla prova: un uomo dal carisma unico, formidabile mental coach oltre che tecnico
Parigi, 11 agosto – La vita (ri)comincia a 72 anni, quando nella vita puoi benissimo dire di essere stato un vincente senza mai cercare il successo facile. Julio Velasco mette il suo sigillo sul trionfo dell’Italvolley femminile. Ma soprattutto dimostra al mondo intero quanto sia necessario sperimentare, ritentare, ridefinire e ridefinirsi. Proprio questo crea il carisma, ti investe della facoltà di indicare la strada a chi, l’oro, forse nemmeno l’immaginava. Lui, con la nazionale maschile, l’aveva solo accarezzato. Tutti ricordano la maledetta finale di Atlanta 1996. Quel trionfo mancato non è diventato un’ossessione, magari lo è stato per chi guardava. Nel frattempo, l’uomo di La Plata, ha macinato esperienze, ha inseguito nuovi sogni. Coniugati sempre in senso internazionale. Dopo le gioie con Modena e con l’Italia della generazione di Fenomeni, infatti, l’allenatore argentino ha sempre guardato lontano. Ha guidato la Spagna, è stato ct dell’Iran, il cui movimento ha contribuito a far decollare. E’ tornato anche sulla panchina dell’Albiceleste, riconoscente profeta in patria. Poi, nel 2018-2019, il ritorno nella sua Modena. Senza troppa gloria. Si iniziò a dire che il tecnico era a fine corsa. Ma senza conoscerlo. E senza sapere che poi, da responsabili delle giovanili azzurre, aveva intanto iniziato a porre basi solidissime favorendo una nuova scia di successi.
Il fuoco dentro è il miglior combustibile delle scartoffie anagrafiche. Quando Velasco ha avuto l’opportunità di tornare in panchina, stavolta nel femminile con Busto Arsizio, non ha perso l’occasione. Ed è poi arrivata a stretto giro la chiamata azzurra, irrinunciabile. In pochi mesi, il commissario tecnico ha quietato le agitate acque emotive di una nazionale dalle grandi potenzialità. Si è scelto come collaboratori – ma in realtà molto, molto di più – i fedelissimi Massimo Barbolini e Lorenzo Bernardi. Irrinunciabili pilastri per la tattica, una triade stellare a sua volta. Col passare delle settimane, l’Italvolley di Velasco ha acquisito consapevolezza e forza. Entrando in un lungo magic moment protetto dall’aura di Julio. Uno che da studente – si era quasi laureato in filosofia – era già un leader, un catalizzatore di idee e di ideali. Prima di rivoluzionare il mondo della pallavolo con i suoi concetti, aveva anche provato svariati lavori. Esperienza che si è aggiunta a esperienza. Così come quella da dirigente alla Lazio e all’Inter. Una scelta solo all’apparenza anomala, per il guru del volley. Uno che un giorno ricevette la chiamata di un Guardiola alle prime armi in panchina: “Signor Velasco – disse Pep – mi è piaciuta molto una sua intervista. Mi può dare qualche consiglio su come allenare?”. E in un torrido pomeriggio d’agosto capita poi che arrivi un oro, quello che mancava soprattutto agli altri.
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