Dalla ’Trattoria Emilia’ di Melbourne, aperta da modenesi, sono passati anche Sinner, Bastianini, Paltrinieri e Alino Diamanti. Da Berrettini a Bagnaia, un pasto coi campioni. Nostalgia di casa? C’è il ’rifugio’ degli sportivi
C’è un cuore emiliano nel cuore di Melbourne, ed è quello che scalda i tennisti. Non solo i nostri, perché...
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Matteo Berrettini è stato fra i primi a provare la cucina della Trattoria Emilia
C’è un cuore emiliano nel cuore di Melbourne, ed è quello che scalda i tennisti. Non solo i nostri, perché ovviamente quando Berrettini, Sinner e gli altri azzurri hanno assaggiato le delizie della Trattoria Emilia durante l’Australian Open, la voce si è sparsa e sono iniziati ad arrivare anche gli stranieri.
Sembra la storia classica di italiani che aprono un ristorante all’estero, in realtà dietro la trattoria di Melbourne (e la tigelleria collegata, che si chiama Emilietta) c’è il coraggio di tre ragazzi modenesi che col tempo hanno costruito il loro sogno, portando piatti veramente tradizionali, e non l’ibrido che spesso caratterizza i menù proposti all’estero.
Francesco Rota oggi ha 39 anni, è partito nel 2008 da Modena dove era stato un promettente giocatore di rugby, insieme con l’amico Luca Flammia, 44, di Soliera, un paese alle porte del capoluogo. Avevano fatto la scuola alberghiera, uno a Salsomaggiore, l’altro a Carpi: "Ma in realtà non avevamo progettato di restare, era un po’ un’avventura – racconta Francesco –. Abbiamo fatto qualche lavoretto, io ho incontrato la mia ragazza, e intanto vedevamo che la proposta di ristorazione italiana non era fatta con i nostri criteri. Non erano in tanti a lavorare bene, c’era molta improvvisazione. E in una città di sei milioni di persone c’era spazio per buttarsi. Nel 2015 alcuni investitori ci hanno offerto l’occasione, poi durante il lockdown abbiamo rilevato tutto noi. È stato come puntare su un all-in al casinò, è andata bene".
Il terzo compagno in questo viaggio si chiama Matteo Neviani, 50 anni, viene da Sassuolo, prima vendeva piastrelle e se il cognome vi dice qualcosa avete ragione, è parente di Nek (cugino). Ma come capita spesso, l’incontro tra i tre è avvenuto a migliaia di chilometri da casa. Francesco e Luca stanno in cucina, Matteo gestisce vini e sala.
Il menù della trattoria è quello tipicamente emiliano, con materie prime che arrivano direttamente dai nostri produttori. Il Covid è stato anche l’occasione per conoscere i campioni del tennis: "Quando siamo ripartiti il ristorante è decollato. È stato inserito nella ’bibbia delle cose da fare a Melbourne’ che danno a chi partecipa all’Australian Open, e l’amico giornalista Dario Castaldo, romano di Melbourne, ha fatto il resto, mandandoci qualche campione. Il primo ad arrivare è stato Vincenzo Santopadre, un giorno che eravamo chiusi, durante il lockdown. Ha portato Berrettini e tutto il team, ho improvvisato con quello che avevo e lì sono nati gli spaghettini Berrettini, con pomodori fatti in quattro modi diversi. Lui adora il pomodoro. Da lì hanno iniziato ad arrivare anche gli altri, praticamente tutti gli italiani, anche Murray, e poi Valentino Rossi, Bagnaia, Bastianini, Greg Paltrinieri, Alino Diamanti. Ed è iniziata anche una responsabilità diversa".
Perché? "Perché l’Australian Open è come un mondiale, e se fai da mangiare per atleti devi essere attento alle conseguenze. Se stanno male durante la notte, poi è un guaio. Quindi conosco già la domanda successiva: no, Sinner non ha mangiato da noi il giorno prima di avere quel problema contro Rune...".
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