E adesso chi ferma Re Carlos?. Alcaraz ’rottama’ i Fab Three Sinner e Rune, serve uno scatto

di PAOLO FRANCI -
18 luglio 2023

di Paolo Franci

La domanda, si diceva una volta, sorge spontanea: è lui o non è lui? E’ davvero il Predestinato inviato dagli dei della racchetta per chiudere il lungo dominio dei Fab Three, ora rappresentato dall’ultimo eroe rimasto Nole Djokovic? E’ davvero Carlitos Alcaraz l’uomo – meglio: il ragazzo – che pone fine alla più straordinaria epopea tennistica che si ricordi? Il day after di Wimbledon (il duello è stato visto in tv su Sky in media da 704 mila spettatori, un record) è ricco di interrogativi, tra il popolo Nolista che crede nelle parole del suo uomo guida, proferite prima della finale e dopo aver battuto Sinner – "ho 36 annni ma me ne sento 26" – e quella Carlista che raccoglie molti dei tifosi di Federer e Nadal, anche soltanto per quella idea secondo la quale Nole sarebbe un usurpatore tra i due regni di Rafa&Roger, un terzo incomodo che ha macchiato la più bella amicizia della storia del tennis. Il punto è: se davvero Carlitos è l’uomo (il ragazzo) chiamato ad azzerare il regno del serbo, chi potrà mai tenergli testa? Cioè chi è colui che potrà evitare la monogamia del trionfo dello spagnolo?

Paradossalmente, l’unico giocatore che in questo momento può mettere al tappeto Alcarez quando gioca vicino al top della forma è proprio The Djoker. Cioè l’uomo che sul Centrale di Wimbledon vinceva da 10 anni e 45 partite. L’uomo che inseguiva lo Slam dopo aver vinto in Australia e a Parigi e ancora una volta si ritrova in mano la racchetta spezzata. Chi altri può fermare il VelociCarlos? All’orizzonte si stagliano due figure, quella di Jannik SInner e di Holger Rune, con il secondo – pur con la figura opacizzata dalla performance di Wimbledon – che pare più cattivo e convinto nell’inseguire la lepre spagnola. Il punto è che nella sconfitta di Sinner con Nole c’è la sinfonia improvvisata di chi fatica a uscire dagli schemi, anche se molto è stato fatto dai nuovi coach Vagnozzi e Cahill. Carlitos invece, ha capito che per essere il migliore doveva battere il migliore e lo ha fatto con coraggio, inventiva, imprevedibilità, e anche un po’ di sana, geniale follia. Ha capito che per battere uno speciale, bisogna pensare differente. Capito Jannik?

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