Vavassori, licenza di Finals. "Errani e Bolelli che amici. Il doppio merita più spazi»

Andrea, dopo la vittoria agli Us Open con Sara, punta dritto su Torino e la Davis "Il me bambino sarebbe orgoglioso. La mia forza? Tanta pazienza e mio padre".

di GABRIELE TASSI
31 ottobre 2024
"Errani e Bolelli che amici. Il doppio merita più spazi"

Andrea, dopo la vittoria agli Us Open con Sara, punta dritto su Torino e la Davis "Il me bambino sarebbe orgoglioso. La mia forza? Tanta pazienza e mio padre".

Quel ragazzino che girava l’Italia in treno per andare ai tornei "oggi sarebbe orgoglioso di me". Andrea Vavassori i sogni in testa li ha sempre avuti, e oggi, a 29 anni, dopo una stagione da favola fra doppio e doppio misto con Slam ’a ciliegina’, va di corsa verso nuovi orizzonti. C’è tanta voglia di portarsi a casa "Finals" e "Coppa Davis" con Simone Bolelli, ma soprattutto c’è l’ambizione di fare grande il suo sport...giocato in coppia.

Due finali Slam con Bolelli, poi la vittoria agli Us Open con Sara Errani. Se le emozioni di quest’anno fossero una classifica cosa metterebbe in cima?

"Credo sia difficile scegliere, lo sarebbe per chiunque. E’ un’emozione che si è costruita a partire dagli Australian Open. Dopo quella finale Slam per me e Simone (Bolelli, ndr) è cambiato tutto, ci siamo guadagnati il rispetto di tanti giocatori e abbiamo completamente rivisto la programmazione per poter giocare i tornei più importanti".

Ed è servito...

"Sì, con Bole è arrivata anche la finale al Roland Garros. E il titolo è sfuggito per poco".

Che rapporto c’è fra voi due?

"E’ davvero un piacere condividere il campo con lui perché c’è una grande affinità. Anche i due team sono in sintonia".

La definirebbe una bella alchimia?

"Sì, perché i nostri caratteri sono complementari. Lui è tranquillo e io sono più energico, ma credo di essere riuscito a vivacizzarlo".

Quando avete iniziato a giocare assieme?

"La prima volta è stato alle Atp Cup 2021. Quell’anno giocava ancora assieme a Fognini. Fabio ha poi deciso di rallentare e io sono riuscito a farmi ’accettare’ da Bole dimostrandogli che potevo giocare a sinistra".

Con Sara invece avete compiuto il miracolo Slam. La dinamica è la stessa?

"Anche con lei è nata una bellissima amicizia, ci piace studiare assieme le partite e gli avversari e ci sentiamo spesso durante i tornei. Come carattere siamo molto simili, lei ha un’intelligenza unica, superiore a tutte".

Papà Davide è anche il suo allenatore, oltre che ’head coach’ della squadra o con Bolelli. Come vi aiuta a preparare le partite?

"Quando dobbiamo affrontare una coppia inedita si riguarda un paio di partite e prende appunti. Poi butta giù un paio di tattiche tra cui scegliere prima di entrare in campo. Al momento della partita le rileggiamo, discutendo su quale utilizzare".

Lo definirebbe un approccio matematico?

"Quasi, perché il doppio è un gioco piuttosto geometrico. Un colpo importante normalmente si piazza dove le percentuali raccontano l’errore dell’avversario. Oppure, si studiano le diagonali per riuscire ad aprire il campo".

Per lei è l’anno della consacrazione. Ha centrato i sogni di bambino?

"Ho raggiunto i sogni di inizio carriera, uno Slam, giocare le olimpiadi e la Davis oltre che le Finals".

Quale è stata la sua forza in tutti questi anni?

"Avere pazienza. Da ragazzino con mio padre siamo partiti dal nulla. Giocavo solo in Italia, muovendomi da solo col treno per risparmiare. Nel mentre ho seguito il mio percorso scolastico: finito il liceo mi ci sono messo seriamente: fra coppe a squadre e poi il circuito Challenger sono arrivato fin qui".

Oltre la pazienza c’è un segreto?

"Circondarsi di persone che credono in te e ti stanno vicine in ogni momento, come mio padre. A lui devo tanto, non ho mai speso nulla per un coach".

E adesso che si fa?

"Inseguo altri due grandi obiettivi: le Finals e la Davis".

C’è qualcuno in particolare da temere a Torino?

"Io e Bole siamo tra le coppie da battere. Nell’ultimo periodo abbiamo giocato molto bene (vittoria a Pechino e quarti a Shanghai). Tutte le coppie sono forti, vincerà chi si adatterà meglio al veloce indoor di Torino. E poi c’è un’altra missione".

Quale?

"Vorrei che potessimo mettere in luce il doppio per avvicinare più gente alla disciplina".

Perché resta più in ombra rispetto al singolare...

"Tenteremo e magari falliremo, ma credo sia un bell’obiettivo cercare di migliorare il prodotto, soprattutto per chi lo va a vedere dal vivo, magari raccontando le storie dei giocatori e di come si sono conosciuti". Dopotutto il tennis è sempre uno show.

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