Il Made in Italy che vince. Da Lorenzetti a Santarelli, maestri venuti da lontano

Anche Barbolini ed Eccheli hanno alle spalle tanta gavetta: Perugia e Conegliano restano le favorite, ma Scandicci e Monza possono provare a fare la rivoluzione.

20 aprile 2024
Da Lorenzetti a Santarelli, maestri venuti da lontano

Da Lorenzetti a Santarelli, maestri venuti da lontano

In quelle facce e in quei gesti, ancora prima che in tutte quelle vittorie, si specchia l’anima dell’Italia più vera. Quella che partendo dalla provincia ha saputo conquistare il mondo, quella che sa immergersi nella modernità della tecnologia sfruttandola con lo stesso gusto artigianale di quando agli inizi metteva pezze di nastro adesivo su palloni che avevano visto troppi chilometri, insomma imparando l’arte di arrangiarsi.

Le due finali scudetto sotto la rete del volley vedono per protagonisti quattro tecnici che hanno una cosa in comune: si sono costruiti la propria grandezza con il lavoro quotidiano, senza regali da madre natura, e forse per questo hanno le spalle più larghe di tanti ex giganti del campo. Angelo Lorenzetti, fanese di quasi 60 anni, lasciò un posto sicuro in banca per diventare allenatore. Sa coinvolgere le sue squadre con le parole come pochi altri, come il professor Keating dell’Attimo fuggente e infatti ama la poesia, altra cosa che lo rende sospeso, quasi alieno in tempi così cinici. Spesso si emoziona e non nasconde le lacrime per i suoi ragazzi, ma anche per gli avversari che si sono meritati il suo rispetto. Ha vinto quattro scudetti in tre città diverse (Modena due volte, Piacenza, Trento) e ha in mano la corazzata che può dargli un altro titolo, Perugia. Se chiedete a tanti campioni azzurri di oggi e di ieri, vi diranno che è il miglior allenatore che abbiano mai avuto.

Di fronte, alla guida della rivelazione Monza c’è Massimo Eccheli, milanese classe 1966, per tanti versi un anti-personaggio. Anche lui non ha giocato ad alti livelli, ma è cresciuto inesorabilmente anno dopo anno come allenatore. Studia meticolosamente gli avversari ed i suoi, non ha problemi a rivoluzionare in corsa l’assetto della squadra (ci ha quasi vinto garuno della finale). Una volta in un’intervista ha spiegato che i giocatori devono sentirsi "come raggi della ruota di una bicicletta", ed è un’immagine che a pensarci bene ha dentro tutto: l’impossibilità di stare fermi, il lavoro dei singoli che diventa risultato collettivo, e ancora il gusto artigianale di arrivare in alto come naturale conseguenza della fatica.

I due allenatori di Conegliano e Scandicci della finale femminile, che stasera giocano garadue, hanno fatto la stessa gavetta dei colleghi della maschile: sia Massimo Barbolini che Daniele Santarelli hanno capito presto, per scelta o per infortunio, che era meglio dedicarsi alla panchina.

Anche Barbolini di anni ne ha 59, partito come vice di Velasco nella Panini della sua Modena (tornerà a farlo in nazionale tra poche settimane), è diventato primo allenatore a 25 e ha iniziato presto a vincere scudetti: cinque tra Matera e Perugia, l’ultimo 17 anni fa. In mezzo ha fatto il ct dell’Italia, vincendo due Europei e due Coppe del Mondo. Ha appena portato lo Scandicci dell’astro nascente Antropova alla finale scudetto e ha vinto garauno su Conegliano. Ovvero la dominatrice delle ultime stagioni, guidata dall’umbro Daniele Santarelli che di anni ne ha solo 40 ed è un fenomeno capace di trasformare in oro tutto quello che tocca. Con le venete ha vinto cinque scudetti nelle ultime sei annate, cinque coppe Italia, la Champions League e due mondiali per club, con una striscia di 76 partite consecutive vinte. Ha anche portato la Serbia sul tetto del mondo e la Turchia su quello d’Europa. Con le nipotine di Erdogan è il favorito alle prossime Olimpiadi.

d. r.

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