Furlani, una mamma per allenatrice: "La medaglia? Era già tutto previsto"
Seck allena il figlio Mattia che ha vinto il bronzo a Parigi: "Coronato un sogno. Razzismo? Mai subito, nel 2024 è assurdo parlare del colore della pelle"
Roma, 16 agosto 2024 – Mamma e allenatrice con un figlio sul podio olimpico: già così è una storia bellissima. Ma diventa incredibile se si pensa che Kathy Seck, madre e tecnico di Mattia Furlani che a Parigi ha vinto il bronzo nel salto in lungo con 8.34 dietro a Tentoglu e Pinnock, aveva già previsto tutto. Non ci credete? Leggete...
Kathy, dieci giorni dopo che effetto fa?
"Ancora dobbiamo realizzare, è stata una bella avventura. Eravamo partiti con il desiderio di portare una medaglia a casa, abbiamo vissuto un sogno. Avevamo programmato tutto ed è andata come previsto".
Chi è impazzito di più dopo la medaglia, Mattia o lei?
"Un po’ tutti, ma un po’ ce l’aspettavamo. Avevamo obiettivi chiari in mente, l’unica cosa che dicevo a Mattia era di mettere la firma su qualunque colore della medaglia".
Ci crediamo. Lei era una velocista per il Senegal e ha sposato un saltatore in alto, Marcello Furlani.
"Pensate che ci siamo sposati due volte..la prima civilmente, la seconda con rito cristiano, io sono musulmana ma volevo dare un indirizzo ai miei figli, e in Italia era giusto così. Abbiamo coronato il nostro rapporto due volte, per la legge e per la Chiesa".
Due anni fa Mattia vinse gli Europei juniores nel lungo e nell’alto. Lei ci disse: noi stiamo programmando Parigi. Avete programmato bene..
"Sì, anche perché un’Olimpiade si prepara sul quadriennio, non da stagione all’altra. Il primo obiettivo in realtà era Los Angeles 2028. Quando abbiamo deciso di iniziare per Parigi il percorso della specializzazione, sapevamo che a quel punto avremmo avuto solo un anno per fare il minimo, abbiamo dovuto anticipare un po’ il lavoro".
Mattia tornerà mai all’alto?
"Al massimo per divertirsi, ma la scelta è presa ormai".
Ma siamo sicuri che Mattia abbia solo 19 anni? Perché sembra molto più maturo.
"Ah ah. Sì, l’età è quella ma lui ha respirato sempre atletica in casa, io ho messo in atto ogni strategia per farlo crescere in modo sereno e lucido".
E lei riusciva ad essere fredda, a bordo pista, a non pensare da madre?
"Sì, un buon allenatore deve sapere comunicare, esprimere fiducia, competenza e rispetto, deve essere capace di spiegarsi in modo chiaro, di fissare l’obiettivo e dare un feedback".
Lei da atleta aveva mai fatto le Olimpiadi?
"No. Ma noi lavoriamo talmente duro che quando arriviamo alla gara sapendo di aver fatto tutto quello che serviva per essere pronti, la gara diventa quasi una liberazione, un dono".
Qual è stato il messaggio più bello che avete ricevuto?
"Sono stati tantissimi, a me ha scritto tutto il Senegal. Erano felici perché in pratica le uniche due medaglie che riguardano il Senegal sono quella di Mattia e quella di Nafissatou Thiam, belga di padre senegalese".
Lei però parla con accento laziale.
"Sono nata a Cartagine, mio padre è un diplomatico, da piccola ho vissuto otto anni in Svezia e altri in Camerun. Non torno in Senegal da quando avevo 16 anni".
E quale identità sente di avere?
"Io mi sento cittadina del mondo, aver viaggiato e conosciuto culture diverse ti dà una apertura che è un valore aggiunto, sapersi integrare in un mondo diverso è stato importante".
Lei o i suoi figli avete mai subito episodi di razzismo?
"Mai. Questo è un tema molto delicato per come ognuno lo interpreta. Io credo che se uno emigra in un altro paese deve sapersi integrare, ma i razzisti per il colore della pelle sono imbecilli che vedono solo quello, noi non lo vediamo".
Che cosa pensa del caso Egonu?
"Che è italiana come i miei tre figli, che sono nati a Marino, hanno fatto le scuole e pagano le tasse in Italia. Davvero dobbiamo ancora parlare del colore della pelle nel 2024? Magari con gente che appena possibile corre al mare per cercare di abbronzarsi?".
Game, set, match, cara Kathy.
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