Abbio e la strada per la ’Vitoria’. "La Virtus a Istanbul ha capito tutto. Difesa e intensità da Eurolega. E grande compattezza del gruppo»

Il capitano del Grande Slam 2001 "Consigli a Belinelli? Potevo darglieli, forse, una ventina di anni fa. Marco si è costruito una solida carriera. In Turchia ha dato l’esempio e nel gioco senza palla è un maestro".

di ALESSANDRO GALLO -
18 aprile 2024
"La Virtus a Istanbul ha capito tutto. Difesa e intensità da Eurolega. E grande   compattezza del gruppo"

"La Virtus a Istanbul ha capito tutto. Difesa e intensità da Eurolega. E grande compattezza del gruppo"

Ventitré anni fa, la finale della prima Eurolega (senza l’egida Fiba), il successo sul Tau Vitoria al termine di cinque gare. E una vittoria, in gara-tre, nei Paesi Baschi, per pareggiare il blitz di Oberto e compagni in gara-uno. Il capitano di quella Virtus, che alzò il trofeo al cielo, era Alessandro Abbio.

Da capitano a capitano: Abbio che consigli vogliamo dare a Belinelli?

"Marco non ha bisogno di consigli. Forse ventitré anni fa, quando era un ragazzino delle giovanili. Oggi no. Si è costruito una solida carriera, sa cosa fare".

Anche perché a Istanbul…

"Non era facile. Diciamo che alla vigilia sembrava qualcosa di impossibile. Poi Beli ha subito anche il solito trattamento speciale. Ma ha dimostrato, una volta di più, di essere unico".

Successo Virtus che, in trasferta, non si verificava dal 5 gennaio a Berlino. E una settimana dopo, a Istanbul, l’Efes non aveva fatto sconti: 99-75.

"La differenza l’ha fatta la difesa, solida, compatta, decisa. Bravi nell’uno contro uno. Una sola battuta a vuoto".

Quale?

"Beh, all’inizio. Clyburn sembrava baciato dal dio dei canestri. Ogni volta che alzava la mano faceva tre punti. La Virtus ha vinto lì: non si è disunita. Ha capito che solo alzando il livello difensivo poteva vincere".

E così è stato.

"L’Eurolega è questa. Non ti puoi permettere di subire 25-30 punti in un quarto. Rischi di non recuperare più".

Diceva della dimensione europea di Belinelli.

"Non ha eguali. Non è velocissimo, però nel gioco senza palla porta tutti a spasso. E diventa letale. Ha un feeling speciale con Pajola e Hackett, come prima ce l’aveva con Teodosic".

C’è qualcuno della Virtus di oggi nel quale si rivede?

"In teoria Cordinier. Anche se dopo l’infortunio fa fatica".

In realtà pensavamo più a un altro azzurro: Abass.

"Vero. Abi è serio, non si ferma mai. Veniva da un paio di brutti infortuni. Ma si è sempre fatto trovare pronto. Si sbatte in difesa, ha messo in difficoltà Clyburn. Rispetto a me, ha qualche chilo in più. Può giocare come quattro tattico. Io non potevo".

A Vitoria per…

"A Vitoria con lo spirito giusto. Partendo dai primi due quarti della sfida con i baschi della settimana scorsa. Ma facciamo tesoro della terza e della quarta frazione. Lì, e la Virtus lo sa, non è riuscita a difendere come serve in Eurolega. Ripenso ad Howard. Ma so che Banchi e i suoi ragazzi faranno qualcosa di più".

Ventitré anni dopo, sulla panchina basca, c’è ancora Ivanovic.

"E’ una cosa che mi fa sorridere, ma in chiave positiva. Dusko è un po’ invecchiato, adesso porta il codino. Ma è bello che una società si rivede nella sua storia. Poi su Dusko…".

Su Ivanovic?

"Quando sono stato a Valencia ho avuto come compagno Oberto, che lo aveva avuto a Vitoria. Lo descriveva come duro, esigente, pressante: non è cambiato. Ma si è modernizzato".

A Vitoria con fiducia?

"Sì, fiducia e ottimismo. Rispetto alla Virtus di inizio stagione, forse, manca un po’ di continuità. Però Lundberg è tornato a segnare canestri importanti. E…".

Dica.

"Ripeto, al di là della difesa, la Virtus mi è piaciuta per compattezza, serenità, decisione. Tutti quelli che sono entrati hanno portato il loro mattoncino. Se non con punti, con difesa, stoppate, rimbalzi, palloni recuperati. Non solo Pajola e Hackett, che saranno ancora fondamentali. Ma pure Zizic e Polonara".

Da un capitano all’altro: la strada della ‘Vitoria’ pare essere tracciata.

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