Bologna, zero a zero assoluto. Il gol non arriva con il Parma in dieci. E la vittoria al Dall’Ara diventa tabù
Dopo la bella prova di Anfield, i rossoblù non riescono a battere i ducali: espulso Coulibaly al 7’ della ripresa. Castro ci prova, ma non basta. Ottava gara di fila casalinga senza un successo. E dagli spalti piovono i fischi.
Diciannove tiri totali, diciassette occasioni da gol, settantuno percento di possesso palla, il Parma in dieci dal 7’ della ripresa. Tutto in novantasei minuti di gioco: fosse durata altre tre ore la partita, il Bologna, non l’avrebbe comunque mai vinta. Questa consapevolezza, stampata negli occhi dei rossoblù, si traduce in un secondo tempo di assedio sterile, pieno di buone intenzioni, vuoto di idee. Era una partita troppo importante da vincere e, invece, è diventato l’ennesimo festival dei rimpianti: la quarta gara senza successi al Dall’Ara, che diventano otto allargando la forbice alla scorsa stagione. Otto come i punti in classifica.
Il Bologna doveva scordarsi di Anfield, silenziare nei pensieri le sirene della Champions. E’ un po’ come la vita dei grandi piloti: quando spengono il motore, non sanno vivere senza l’adrenalina. Ecco i rossoblù dovevano riadattarsi alla normalità per battere il Parma. E Italiano ha provato a farlo con la specialità della casa: il turnover. Ravaglia tra i pali, Erlic al posto dello squalificato Lucumi, a destra Holm alla prima da titolare, Aebischer a centrocampo e soprattutto di nuovo Castro là davanti. Santi ha addosso tre gol consecutivi e le aspettative di un popolo che lo ha scelto come spirito-guida. L’argentino va vicino alla rete nel primo tempo con una zuccata fuori di poco su corner di Lykogiannis, e nella ripresa con un gran destro da fuori su cui Suzuki allunga i tentacoli. Lui e Ndoye sono gli unici a scuotere un po’ una partita dove il Parma sa difendersi e ripartire. Il primo tempo scivola via tra folate sulle fasce, da una parte e dall’altra. Ma nessuno fa abbastanza per vincere la partita.
E, allora, all’intervallo Italiano toglie i due meno a fuoco, Aebischer e Orsolini, per la freschezza di Fabbian e Iling-Junior. La ripresa viene marchiata a fuoco da Coulibaly che interviene come un fabbro sulla caviglia di Ndoye: per Di Bello è giallo, ma a miglior consiglio del Var corregge con un sacrosanto rosso. E’ il settimo e il piano-gara si inclina tutto verso la porta di Suzuki. Nonostante la pendenza favorevole, la palla non arriva mai in buca. E allora dentro anche Urbanski, Miranda e Karlsson. Dal cilindro della panchina, però, non esce nulla. E il Dall’Ara raggiunge i titoli di coda stanco come in quei film pesantissimi, dal finale per giunta scontato.
Ora c’è la sosta delle nazionali: una vera e propria pausa di riflessione dove Italiano dovrà capire come intervenire nella filiera tecnica. Attenzione: Anfield e prima l’Atalanta hanno dimostrato che il Bologna è squadra vera e solida. Ma se la difesa comincia a dare segnali di forte affidabilità, è tra centrocampo e attacco che l’idea di calcio si disperde. Ieri quattrocentonovantatré passaggi riusciti per i rossoblù: bene, bravi, ma dove va a finire questo pallone? Viene disperatamente affidato alle iniziative dei singoli. E se i singoli - con Orso in testa - in questo momento non vanno, ecco spiegati i numeri: cinque pareggi, una vittoria e una sconfitta. Ma soprattutto sette gol fatti: solo sei squadre hanno segnato meno dei rossoblù e, di queste, cinque occupano il fondo della classifica. Alla fine, il Dall’Ara fischia. E il rumore è quello di una sveglia.
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