Da Rotella a Bologna: amici per la palla: "Orso un campione, sapevo sarebbe tornato"
La scuola, i primi calci, i debutti, fino alla tripletta con l’Empoli: Diego c’è sempre stato per Riccardo. "Per l’Inter lo sento molto carico"
Il pallone della prima tripletta in A è, lì, in bella mostra all’ingresso di casa. Ne ha calciati tanti, Riccardo Orsolini, per arrivare a quello. Una storia iniziata a Rotella, piccolo angolo di Marche, all’ombra di Ascoli e fuori dal tempo. Al centro della piazza, una pista da ballo con la scritta ‘dancing oasi’: teatro di mille e una sagra. Quando la musica si fermava, partiva il tamburo incessante del pallone e quel quadrato di cemento si trasformava in un campo da calcio. "Facevamo talmente tanto casino che spesso gli anziani del paese venivano a sequestrarci la palla o a bucarcela", racconta Diego Tosti, amico d’infanzia di Orso. Hanno condiviso tutto, anche le scuole, nonostante Diego sia più grande. Già, perché nel realismo magico di un posto da ottocento anime scarse, può capitarti di essere l’unico a nascere in un anno solare: il 1996, in questo caso.
Diego, lei c’era ai primi doppi passi di Orso in quella piazza e c’era anche domenica scorsa alla tripletta con l’Empoli.
"Lo seguo dal suo debutto con l’Ascoli in C, con la maglia numero 16 e l’ho seguito in tutti gli anni al Bologna, con Inzaghi, Donadoni, MIhajlovic. Domenica non sapevo se andare, perché lo vedevo un po’ triste, la stagione era partita male per lui. Poi parlando con un amico, gli ho detto: dai, andiamo a vedere Riccardo, ha bisogno di noi, magari gli portiamo bene".
E così è stato.
"Sì, ce l’ha detto: ’mi avete portato fortuna’. Dopo la gara, dovevate vederlo: non ha mollato un attimo il pallone autografato da tutti i compagni. Se l’è portato a casa e l’ha esposto come un cimelio. Poi siamo stati lì, sul suo terrazzo a chiacchierare".
Orso uno di voi...
"Sì, è rimasto quello di sempre, con la battuta pronta, non ti annoi mai con lui. Ma se pensate che lui sia un po’ matto, non avete idea di cosa fosse da bambino. La materna dalle suore, figuratevi: io e lui, perennemente in punizione. Poi crescendo, ci siamo calmati: io di più, lui un po’ meno".
Ora le orecchie gliele tira Motta.
"Sicuramente hanno caratteri molti diversi. Ma come si dice? Gli opposti si attraggono. Riccardo mi racconta sempre che Thiago è un ottimo allenatore, con le idee chiarissime".
Con l’Inter, Orso dovrebbe partire dall’inizio: lei ci sarà a sostenerlo?
"Purtroppo non potrò essere a San Siro, ma anche per fortuna: soffro tantissimo le gare con l’Inter. La guarderò in tv sperando possa finire come nell’ultima sfida (26 febbraio scorso, 1-0 gol di Orsolini, ndr). Riccardo è molto carico per questa gara".
Ormai tifa Bologna pure lei?
"Nasco milanista di famiglia, ma ora sono un fan anche del Bologna. Tre ore di auto da Rotella. Pensi che quest’anno sono venuto al Dall’Ara per il debutto contro i rossoneri e mi sono comprato la sciarpa rossoblù".
E il Bologna cos’è per Orso?
"Una seconda casa, mi dice sempre che lì sta da dio. Del resto, la città è bellissima e la tifoseria lascia senza fiato: ho il telefono pieno di coreografie della Bulgarelli".
Il cassetto del suo amico, invece, quanti sogni ha ancora?
"Tanti, perché in fondo è rimasto quel bambino che non usciva mai di casa senza il pallone. Lui vuole fare bene con il Bologna, poi ovviamente tiene tantissimo alla Nazionale e sogna gli Europei".
Si vedeva subito dove sarebbe arrivato Orso?
"Sì, Riccardo era diverso da tutti: troppo forte, un campione. Pensi che a Rotella c’è un altro professionista, Ilario Iotti, gioca nella Pro Vercelli. Un classe ’95: ovviamente sono andato a scuola anche con lui".
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