I fantasmi di Italiano: "È dura anche per me, partiamo tutti da zero. Ma io resto fiducioso"

Il tecnico perde la calma: "Non ci sono più Zirkzee, Calafiori, Saelemaekers e Ferguson per infortunio. E non c’è più neanche lo stesso allenatore". Poi punge gli attaccanti: "Due volte con Castro e Orsolini dovevamo fare gol".

di MASSIMO VITALI
1 settembre 2024
"È dura anche per me, partiamo tutti da zero. Ma io resto fiducioso"

Un Vincenzo Italiano sconfortato: il suo Bologna sta facendo molta fatica (Schicchi)

E poi arriva il momento in cui anche Vincenzo Italiano in sala stampa perde la calma olimpica, combinata a mestizia, con cui il tecnico rossoblù commenta il secondo appuntamento casalingo perso con i tre punti. "Questa avventura è dura? Sì, è dura per me e per tutta la gente che oggi era allo stadio – dice il tecnico –. Perché non ci sono più Zirkzee, Calafiori, Salaemaekers e Ferguson per infortunio e non c’è più nemmeno l’allenatore dell’anno scorso. E’ un’avventura in cui tutti ripartiamo da zero. Ma io mantengo fiducia, voglia e lucidità per migliorare insieme ai ragazzi. Sono soddisfatto di queste due prime partite in casa, meno di quella di Napoli. Ad ogni modo lavoreremo per crescere su tutti gli aspetti".

Dobbiamo crescere, dobbiamo migliorare: sembra un lessico d’altri tempi, ma in ogni caso è un lessico che fa seguito a prestazioni inconcludenti. Lo sa bene Italiano che alla sua prima al Dall’Ara era andato a prendersi, insieme alla squadra, il corale incitamento della curva dopo la vittoria mancata con l’Udinese. Anche ieri sulla ruota del Dall’Ara è uscito un pareggio, ma il viaggio finale della squadra sotto le gradinate aveva già un sapore più amaro. "Nel primo tempo – è l’analisi a fine gara dell’allenatore – abbiamo concesso qualche situazione ai nostri avversari ma in due circostanze, con Castro e Orsolini, dovevamo far gol. Non mi è piaciuto invece il secondo tempo, in cui non abbiamo trovato le energie per il guizzo vincente nonostante abbia scelto di mandare in campo tutta la batteria delle punte. E’ una mossa che è servita a far sì che l’Empoli abbassasse il suo baricentro e non ripartisse, ma noi avremmo dovuto finalizzare meglio".

E’ lunga in realtà la lista delle cose che non hanno funzionato. Gli automatismi difensivi sul gol di Gyasi per esempio: "Avevamo studiato i movimenti di Fazzini nella partita con la Roma, sapevamo che in quelle situazioni di gioco o si accentra e conclude o appoggia all’ala". Si è verificata la seconda circostanza e la difesa rossoblù si è aperta con troppa arrendevolezza. Male anche i due esterni d’attacco, Orsolini e Karlsson, simboli di un Bologna in versione ‘vorrei ma non posso’. "Orso lo abbiamo isolato due-tre volte e lì, con le sue qualità, deve far male alla difesa – osserva Italiano –. Anche Karlsson deve dare molto di più ed è il primo a saperlo. Ha avuto nei piedi alcuni palloni in cui avrebbe dovuto entrare in area ed essere più incisivo". Parziale consolazione: il gol di Fabbian: "E’ bello vedere che una situazione di gioco che avevamo studiato, come la disposizione della difesa dell’Empoli sui calci da fermo, può darti subito un vantaggio".

Vantaggio effimero, vanificato dalla fragilità, tecnica e psicologica, di un Bologna che col nuovo manico ancora non si ritrova. "Ma resto fiducioso – dice Italiano –. Anche un anno fa con Motta la squadra non è sbocciata all’inizio ma più avanti: mi auguro anch’io di riuscire a trovare la chiave. Qualche tifoso ha lasciato il Dall’Ara arrabbiato, ma arrabbiato lo sono anch’io perché ho solo due punti. E adesso occhio al Como, dopo la sosta, perché è una squadra in crescita che verrà fuori". Si spera come il suo Bologna.

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