Il commento. Europa o no, si deve ripartire da Joshua
Il giornalista sostiene la necessità di proteggere Joshua Zirkzee, giovane talento del calcio, e investire nel suo futuro, anche a costo di sacrificare altri giocatori. La città può aspettare l'Europa, ma non può rinunciare al suo calcio felice. (158 caratteri)
Marchini
Va emanato in fretta un nuovo limite, da applicare soltanto al territorio di Casteldebole: il divieto di circolare nella zona di Zirkzee andando sotto i sessanta. No, mica i chilometri orari: i milioni! Sotto i sessanta milioni, non ci si può nemmeno accostare: si fa la rotatoria, e si torna indietro. Scherzi a parte, dopo i giochi di prestigio ai danni dell’Inter, le luci di San Siro hanno illuminato ancora una volta il pozzo di talento di Joshua: e francamente non si vede il fondo. Laggiù c’è una miniera d’oro, signori. E allora va recintata l’area: con le transenne di un prezzo molto alto da scavalcare e la forza di un progetto che, Europa o non Europa, deve alzare l’asticella ancora il prossimo anno. Se poi, per farlo, va immolato qualcuno sull’altare della sostenibilità, allora - con tutto il rispetto - quel qualcuno non dev’essere mai Zirkzee. Piuttosto il gigantesco Calafiori, piuttosto l’immenso Ferguson. Piuttosto tutti e due insieme. Ma mai Zirkzee, nemmeno per sessanta milioni (che poi c’è da fare a mezzo con i tedeschi). Questa città può aspettare ancora l’Europa, può concepire un futuro senza Thiago, ma non toglietele il sorriso per il calcio felice e spensierato di questo olandesino. E’ il dono raro di quelli che non hanno prezzo e che da soli valgono il prezzo del biglietto.
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