De Silvestri "Il mio Bologna è un dipinto"
Il capitano: "Dedico la Champions a Sinisa. Saputo decisivo. Il mio futuro? Sogno di raggiungere le 100 presenze in rossoblù"
Jackson Pollock odiava i cavalletti, preferiva dipingere sul pavimento. "Mi sento più a mio agio – spiegava l’artista americano –, mi sento più vicino, più parte del dipinto, perché così posso camminarci attorno, lavorare da quattro lati ed essere letteralmente ‘nel’ dipinto". Lorenzo De Silvestri è uno che cammina attorno alle cose, alle persone, ai sentimenti fino a entrarci dentro. Per questo lui è letteralmente dentro il Bologna e dentro Bologna. E’ parte di questa città (anche nel sociale, essendo testimonial dell’Airc, la fondazione che fa ricerca sul cancro): è parte di quel meraviglioso dipinto rossoblù fatto da centomila mani in piazza Maggiore.
Lorenzo, il Bologna è in Champions League.
"Ogni volta che sento questa frase, fa sempre più effetto: il-Bologna-è-in-Champions-League (scandisce, ndr). Abbiamo festeggiato tantissimo, ma non ci rendiamo ancora conto di quello che abbiamo fatto. Forse lo realizzeremo solo quando vedremo arrivare al Dall’Ara le grandi squadre europee".
L’ultima volta che lei ha giocato in Champions aveva 21 anni. Giovedì ne ha compiuti 36.
"Sono molto orgoglioso di tornarci dopo così tanto. Alla Samp con Sinisa raggiungemmo l’Europa League, ma uscimmo ai preliminari. Al Toro capitò lo stesso. Il mio sogno era fare l’Europa anche col Bologna: ma quest’anno abbiamo esagerato...".
Cosa direbbe oggi a quel giovanissimo Lollo?
"Gli direi di continuare a fare questo lavoro con passione, svegliandosi ogni giorno con una voglia incredibile. La stessa che io ho ancora oggi".
A proposito: i bolognesi hanno bisogno di certezze in questi giorni. Resta qui il prossimo anno, sì?
"Sono molto sincero. La mia volontà è di continuare come calciatore: mentalmente e fisicamente mi sento benissimo. Ho un sogno: raggiungere le 100 presenze in rossoblù (è a 95, ndr) e far diventare il Bologna il club con cui ho fatto più stagioni in carriera, cinque.".
Thiago, invece, ha deciso da solo. Ha colpito molto il vostro abbraccio venerdì sera nel post-partita di Genova.
"Al mister voglio dire un ’grazie’, ma anche ’complimenti’. Perché non era facile, arrivare dopo Sinisa, dopo un momento così difficile e delicato, e Thiago con noi si è posto subito in maniera molto sincera. Si è affidato a noi per creare questo tipo di gruppo, ci ha lasciato molta responsabilità in questo. Tra noi, poi, visto che siamo quasi coetanei, si è creato un rapporto che va oltre quello tra tecnico e giocatore".
Però c’è una grossa parte della tifoseria che ha preso male l’addio di Motta.
"Forse mi sto facendo vecchietto, ma vorrei lanciare un messaggio: ricordiamoci questi momenti, questi occhi pieni di gioia, la folla in piazza, le tante fotografie di questi giorni felici. In Champions dopo sessant’anni: sono tanti, eh. Arriverà un’altra stagione e si ripartirà. Quindi godiamoci il momento perché il calcio va veloce".
E, infatti, suo padre Roberto la voleva sciatore di fondo...
"E’ vero. Da piccolo mi faceva fare sci di fondo e ginnastica, e di conseguenza toccava pure a mia sorella Martina. Però dopo gli allenamenti, mi trovava sempre con il pallone tra i piedi e tutto sudato. A 11 anni si è dovuto arrendere, costretto anche da mia mamma e da mio nonno. Però ringrazierò sempre papà perché quegli sport di fatica hanno forgiato il mio carattere, insegnandomi il valore del sacrificio".
Mihajlovic, invece, cosa le ha insegnato?
"Il coraggio. Prima di tutto in campo. Quand’è arrivato lui, ci ha dato un’impronta forte, europea: in un momento delicato per il club, ha proposto un calcio innovativo, quasi sfrontato. Abbiamo preso consapevolezza. Poi ci ha insegnato il coraggio nella vita: con la sua malattia siamo dovuti maturare, siamo cresciuti come uomini. Lui ha forgiato questo gruppo che è poi la base del capolavoro di questa stagione. Gli voglio mandare un pensiero, gli voglio dedicare questa Champions".
Che effetto le fa sapere che un altro Mihajlovic, il terzogenito Miro, verrà al Bologna a studiare da allenatore?
"Quando l’ho saputo, mi sono emozionato. Quel cognome avrà sempre un posto nella mia vita, quella famiglia pure: mi sento spesso con Arianna e con i ifgli. Per loro ci sarò sempre. Grazie a Sinisa sono cresciuto, ho imparato ad affrontare i problemi. E gli sarò sempre grato per avermi portato a Bologna".
Pochi come lei possono capire che cosa significhi la Champions per i bolognesi.
"Dopo i festeggiamenti con la Juventus, ho voluto fare una foto con Ricky e Lucasz (Orsolini e Skorupski, ndr): siamo quelli da più tempo qui, sappiamo i sacrifici fatti, i momenti neri superati per arrivare a questo sogno. Per noi è un orgoglio doppio".
Nella serie A che passa in mano ai Fondi, che cosa rappresenta avere uno come Saputo?
"Il presidente è magnifico, educato, umile. Ha il senso della famiglia: si ricorda i nomi dei figli e delle mogli dei giocatori. La sua presenza fissa qui è stata un valore aggiunto. Quando si dice ’we are one’: per noi è stato letteralmente così".
I tre momenti chiave di questa stagione?
"Di sicuro ci metto la vittoria con l’Inter in Coppa Italia: vincere a San Siro in rimonta è stata un’emozione incredibile, ci ha dato grande consapevolezza. Lì abbiamo capito che sarebbe stato un anno speciale. Poi dico le vittorie di Bergamo e quella in casa della Roma, decisive per il sogno europeo. Personalmente, però, ci metto la gara con il Frosinone con il mio gol in tuffo: non me lo scorderò mai".
Il messaggio più bello ricevuto in questi giorni?
"Quello di Robbie, Soriano. Lui è stato qui fino a ieri, ha vissuto con noi tante cose importanti, vale lo stesso per Nick, Gary, Jerdy e Marko (Sansone, Medel, Schouten e Arnautovic, ndr). Mi hanno fatto molto piacere le sue parole, perché Robbie è un amico. Questa Champions è anche merito suo".
Lei ama l’arte: se questo Bologna fosse un’opera?
"Un quadro di Pollock. Questa squadra è un ’action painting’. Dentro c’è un po’ di tutto e di tutti: la parte societaria fatta di dirigenti seri e competenti, il lavoro incredibile dello staff con i giocatori. E poi la simbiosi con i tifosi, che ci sono stati sempre vicini: ci hanno fatto sentire a Bologna negli stadi di tutta Italia".
Lo sa che se si candidasse a sindaco, rischierebbe di essere eletto?
"E’ nata come gag: hashtag Lollo sindaco. Perché mi vedono un po’ come lo zio del gruppo, giro spesso la città, ho stretto tante relazioni. Io e mia moglie Carlotta ci troviamo benissimo qui. Abbiamo comprato casa: il nostro futuro lo vediamo a Bologna".
Qual è il suo segreto?
"La mia famiglia e le mie amicizie. La carriera è breve, i riflettori si spengono, è importante mantenere un proprio equilibrio: ecco, avere una moglie ricercatrice oncologica spesso me lo fa ricordare. Così come me lo ricordano i miei amici che fanno lavori normali. E’ poi il consiglio che do ai miei compagni più giovani: non restate chiusi nel mondo ovattato del pallone, aprite gli occhi, conoscete più persone per capire le cose importanti della vita".
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